S i dice: “È un reduce del ‘68”. In quegli anni caldi non cadde né il bastione di Cagliari e neppure il castello dei Malaspina; l’Italia comunque cambiò pelle a caro prezzo e ancora oggi, dopo 55 anni, si discute se il gioco ne sia valsa la candela. Fu vera gloria? Amarcord: all’università si facevano gli esami di gruppo e a medicina ci fu uno studente che si rifiutò di parlare della gotta perché la considerava una malattia dei benestanti. C’erano professori che per stare dalla parte dei “democratici” si facevano dare del tu dagli studenti: il che non alzava i banchi ma abbassava la cattedra. Si professavano di sinistra radical khic (la “c” smorzerebbe l’effetto) e in questo eccesso di cameratismo a un compagno che gli chiedeva come doveva rivolgergli il discorso, Palmiro Togliatti rispose tranquillo: “Col lei”. Si lottava opportunamente contro i baroni e sconvenientemente per l’ignoranza proletaria. Amarcord: l’arduo principio dell’eguaglianza. Uno vale uno ma nella cabina elettorale, solo per diritto di voto. Se dovessero contare i meriti per stare ai numeri basterebbe il banco della tombola. E così il Ministero dell’istruzione per seppellire il ’68 ha precisato “istruzione e merito”. A giudicare dai concorsi farlocchi (storia di questi giorni) suona meglio ministero “al demerito”. Il tempo passa ma tutto si ripete. Il ’68 è morto, evviva il ’68.

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