Il sale dell’istruzione
Caffè Scorretto
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C erti discorsi sulla guerra in Ucraina certificano la libera circolazione di “fronti inutilmente spaziose” (copyright Fortebraccio) che Antonio Gramsci più di cento anni fa invitò a rivitalizzare con il sale dell’istruzione. Parecchi anni più tardi Enzo Biagi rinnovò l’appello con una proposta originale: donate a chi si sposa cinque libri. Aggiungerei per le altre ricorrenze l’abbonamento a qualche quotidiano. L’idea del giornalista venne accolta dal sindaco di Milano Marco Formentini che stanziò anche i fondi, burocrazia e politica però si misero di traverso e tutto finì lì. Gli invitati possono sopperire abbinando i cinque libri ai doni classici di tutte le nozze: i quattro pezzi in argento, il viaggio ai Caraibi e i vasi da rifilare in occasione di altre cerimonie. La carta stampata non ha la filigrana della Banca europea firmata da Christine Lagarde ma quella del sapere che muove i cervelli al di là dei portafogli. “Beato chi nasce in una casa dove c’è una biblioteca” diceva Massimo, non D’Alema, ma D’Azeglio. Basterebbe anche uno scaffale ben assortito: un libro sui diritti e sui doveri, la Costituzion, la Divina Commedia, Grazia Deledda e gli eterni classici per scoprire che Sciascia non è il femminile di “Sciasciu”, Tolstoj non un tipo di “tostoina” e Manzoni non è solo il bar della movida ma anche un signore che scriveva.