Il padrinov
Caffè Scorretto
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A cinque giorni dalla notizia del blando avvelenamento di Abramovich, resta in campo l’idea che sia stato un avvertimento diretto, un monito a non fare troppo il gioco degli ucraini al tavolo dei negoziati. È come se nel rudimentale linguaggio di Putin ci fossero solo tre opzioni espressive:
1) Ti odio (ti temo, ti disprezzo, non mi servi): ti avveleno.
2) Mi servi ma non mi fido del tutto: ti avveleno un pochino.
3) Tutto il resto dell’infinita gamma che va da “ti sopporto” fino a “ti adoro e vorrei invecchiare con te guardando crescere i nostri nipotini”: non ti avveleno.
Ricorda la celebre intercettazione della telefonata Berlusconi-Dell’Utri sull’attentato al cancello della villa di Silvio di cui i due sospettano Mangano: la definiscono una cosa “rispettosa, quasi affettuosa”, e giù risate perché “un altro manderebbe una lettera o farebbe una telefonata” e lo stalliere mafioso invece fa così, usa la polvere nera ma appena un chilo.
Torna in mente perché la grammatica di quei messaggi è la stessa: violenza pura, graduata in quantità maggiore o minore a seconda dell’atteggiamento da esprimere.
Prima che un criminale, prima che un macellaio o un dittatore, culturalmente Putin è un mafioso che ce l’ha fatta. Finora.