Il mondo in tasca
Caffè Scorretto
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A vent’anni credevamo, io e i miei coetanei, di avere il mondo a portata di mano. Il mondo era lì, in attesa che noi lo prendessimo. La scuola ci aveva arricchito di storia e di miti, che avevano acceso le nostre fantasie. Ci sentivamo pronti per il futuro che, lo percepivamo con ansia, ci stava divorando. Pur consapevoli dell’incalzare del tempo ci comportavamo come suggerì ai posteri l’imperatore Augusto: festina lente, affrèttati ma lentamente. Avevamo una fretta prudente. Anche i giovani d’oggi hanno il mondo a portata di mano. Il mondo lo hanno addirittura in tasca. Sta tutto in quell’oggetto che si chiama smartphone, la divinità elettronica che compie miracoli, li fa viaggiare stando fermi, li collega con il paradiso e l’inferno. Vivono in fretta, sono sempre in debito di tempo, e di riflessione. Molti di loro corrono spericolatamente. Corrono anche quando sembrano immobili lasciandosi trasportare dal cursore che, anch’esso, corre veloce e lampeggia sul web. Una frenesia che li porta a inebriarsi quando il tachimetro dell’auto sale al massimo. Fino allo schianto. Il rischio li esalta. Esibiscono sulla rete le loro follie temerarie e gareggiano con la morte. La colpa però è più di noi adulti che loro. Gli abbiamo dato le delizie del mondo virtuale senza avvertirli che quel frutto appetitoso è in parte avvelenato.