Qualche tempo fa è morto Maurizio Zamparini, estroso presidente del Venezia e del Palermo, che con 51 allenatori esonerati ha surclassato l’ex patron del Cagliari Cellino. Ne ho un ricordo personale. In occasione di un Palermo-Cagliari lo intervistai. Alla fine gli chiesi se sarebbe stato presente allo stadio. «No», mi rispose, «il mio cardiologo mi ha sconsigliato le emozioni forti». Ribattei che al processo di Biscardi si segnalava per urla e litigi furibondi. E lui: «Ma no, quella è tutta una finta». Fatto sta che a Palermo Zamparini fece benissimo, poi venne travolto da una serie di inchieste che lo convinsero di essere un perseguitato. A tal proposito ho letto questo commento: «Secondo me Zamparini era diventato un obiettivo di chi aveva deciso che dovesse lasciare Palermo. L’obiettivo è stato raggiunto anche attraverso l’azione della magistratura. Un’azione che io posso capire, ma che credo abbia risentito dell’atmosfera che si respirava in città e che era portatrice della volontà di fargli lasciare il club». La dichiarazione è di Piero Grasso, ex procuratore capo di Palermo, ex capo della Direzione nazionale antimafia, ex presidente del Senato e addirittura per 30 giorni presidente supplente della Repubblica (e quindi capo del Csm) dopo le dimissioni di Napolitano e sino al giuramento di Mattarella. E poi ditemi che non serve una riforma radicale della giustizia.

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