C i sono due categorie di lettori che davanti a una larga vittoria dei progressisti hanno bisogno di un distinguo, di un’obiezione che ridimensioni la novità. Quelli di destra, per necessità di essere consolati. E quelli di sinistra, che per antico pessimismo fiutano fregature dietro ogni buona nuova e restano inquieti finché non spunta il lato amaro della faccenda. Quindi ecco tre “sì, però” da applicare al titolo “Il centrosinistra vince al secondo turno”.

Sì, però non al primo.

Sì, però l’astensione è disastrosa.

Sì, però alle politiche sarà diverso.

E quest’ultimo non è un guaio imminente ma è serio, perché servirà una coalizione ampia e unita. E invece: a sinistra c’è solo Speranza (vale anche con la minuscola) e solo finché sarà ministro; grillini e post grillini detestano Calenda quasi quanto si detestano fra di loro; Calenda li disprezza quasi quanto disprezza Renzi, che a sua volta entrerebbe nel nuovo Ulivo solo per fare la parte della Xylella. E il resto del centro è una federazione casuale di aspiranti leader, un serbatoio di volti più che di voti. Ogni tanto al Palio trionfa il cavallo scosso, quello che ha perduto o disarcionato il fantino. Invece il Pd che vince nei Comuni e corre verso le politiche sembra un fantino scosso (anche emotivamente). Va veloce, a mezz’aria, su un cavallo sempre più evanescente.

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