C on il suo fascino pentastellare Virginia Raggi aveva cominciato a addomesticarli. Persa la carica di sindaco non ha potuto completare il suo progetto di creare a Roma condizioni naturali per battute di caccia grossa. Un piano di lavoro incompiuto come tanti altri. Nonostante le sue invitanti leccornie sparse per la città, i cinghiali, per loro natura diffidenti, non si erano mai avventurati nel centro storico. Il Campidoglio, sorvegliato dalla Lupa, li intimidiva; nella Città del Vaticano, oltre alla scomunica per violazione di sacro domicilio, avrebbero dovuto vedersela con le alabarde delle guardie svizzere. Mosso a compassione, il successore di Virginia Roberto Gualtieri, rosso-antico Pd, li ha attratti con cibi più stuzzicanti e inviti al passeggio. Famigliole di irsuti suidi si sono inurbate. Attraversano le strade sulle strisce pedonali, lasciano l’asfalto pulito dopo avere consumato i pasti alla caritas comunale. Franco Battiato ha cantato con note sublimi il mito celtico del cinghiale bianco: secondo la leggenda il suo avvento segnerà il ritorno a un remoto splendore. Che per Roma sarebbe quello dell’età dei Cesari. Gualtieri, che ci crede, sta accumulando scorte di candeggina. Dopo le torme dei grilli lanzichenecchi pascoleranno in Campidoglio branchi di cinghiali bianchi portafortuna.

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