Per una di quelle bizzarrie che la cronaca ama concedersi, domenica in Trentino un cliente non vedente è stato rifiutato da un hotel che non voleva il suo cane-guida e a Monza è stato arrestato un falso cieco che guidava in città e finora aveva intascato 25mila euro di invalidità.

Lasciamo stare la questione dell’albergatore, che poi si è scusato in tutte le salse, e stiamo sul cieco che guida. In un paese più abituato alla giustizia equitativa magari lo condannerebbero ad assistere ciechi veri per un numero di ore corrispondente ai 25mila euro sbafati all’Inps. Oppure per chi ama la retorica cattivista (d’altronde parliamo di un immigrato, l’occasione è ghiotta) si può ipotizzare l’accecamento chimico: per lo stesso numero di giorni ogni mattina passi in questura, firmi e ti mettono dieci gocce di atropina. Poi brancola pure via e ci becchiamo domani.

Il fatto è che nonostante il suo brusco avvio, cioè l’arresto del tipo, in realtà una vicenda così ha buone probabilità di finire prescritta. La sensazione è che il derby fra separatori di carriere e non, e il sottoderby fra tagliatori di intercettazioni e non, siano ottime occasioni per fare nel migliore dei casi un po’ di fuffa invocando un paese più civile o almeno più penale, e intanto lasciar affogare la giustizia nel suo immane arretrato. Il che in fondo è politicamente molto comodo. Peccato sia anche criminogeno.

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