M olti tapini come me e, immagino, una buona parte di voi, si stanno domandando: che senso ha il grande paradosso della guerra che può finire soltanto se la guerra continua? La guerra non è la soluzione della guerra. La guerra è il problema da risolvere. Chi invoca la pace per via diplomatica viene deriso; è considerato un papista arrendevole. Che le stragi continuino, i missili solchino i cieli, le economie saltino in aria con le bombe. Chi ci guadagna tace, chi ci rimette taccia: è il prezzo da pagare se si vuole la vittoria di Biden su Putin. Perché di questo ormai si tratta. Sì, c’è anche Zelensky; ma è sotto tutela. Henry Kissinger, nobel per la pace anche se ha promosso conflitti e colpi di stato in mezzo mondo, ancora lucido sulla soglia dei cento anni di età, ai suoi attuali epigoni ha detto: «Toglietevi dalla testa di finire la guerra con una sconfitta militare russa. Se umiliaste la Russia aprireste il vaso di Pandora. E si scatenerà la fine del mondo». Col sottinteso che la Cina non starebbe a guardare. «Che sia giusto o no è irrilevante», conclude Henry con il suo noto cinismo. E allora? Allora giochiamoci la carta Salvini. Matteo mantenga la promessa, vada a Mosca, tratti con Putin da pari a pari. Lo sceriffo leghista incute ancora soggezione. Anche nelle vesti di chierico vagante.

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