M atteo Renzi si è visto bocciare seccamente le azioni contro il Fatto (la carta igienica decorata col suo viso fatta intravedere da Travaglio in tv rientra nel diritto di satira) e il Corriere (il pezzo sulla fondazione Open era impeccabile). E la giudice Zanda nella seconda sentenza ha scritto che la causa aveva “una palese e ingiustificata carica deterrente, specie ove collocata nell’alveo di iniziative volte ad usare il tribunale civile come una sorta di bancomat dal quale attingere somme per il proprio sostentamento”. Dopo una sentenza così un politico inglese si chiuderebbe nel suo cottage.

Ma siamo in Italia, e Renzi potrà riavviare serenamente il suo querelificio sperando in migliori esiti. Attenzione, nessuno dice che i cronisti possano diffamare chi o quanto gli pare, ma spesso un’azione legale o anche solo la minaccia di intentarla bastano a zittire un giornalista. Nove volte su dieci non perché sia vigliacco, ma perché è povero: molta informazione oggi viaggia sul naviglio leggero di testate online con pochissimi mezzi, non su corazzate, e la prospettiva di una querela anche infondata basta a far calare il silenzio su un episodio e sul suo protagonista. Se Meloni vuole distinguersi dai suoi predecessori stringa sulle querele bavaglio. Farebbe bella figura in Europa. Si farebbe amare da chi ama la libertà. E darebbe un dispiacere a Renzi, che val sempre la pena.

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