U na botulinata oggi, un ritocchino domani e la Costituzione cambia aspetto soprattutto se si interviene sui punti che impattano su principi democratici; la bagarre politica certifica che la separazione delle carriere dei magistrati è uno di questi. L’obiettivo è imporre una scelta per l’intera vita togata tra una funzione e l’altra: o inquirente o giudicante. Scusate se è poco, dicono con visioni opposte e contrarie destra e sinistra. Se qualche istituto demoscopico si prendesse però lo sfizio di stilare un sondaggio racconterebbe che alla gente gliene può fregar di meno se le due carriere viaggiano su binari paralleli destinati a fine corsa ad incontrarsi “in nome del popolo italiano”. Alla giustizia chiede altro: tempi veloci, pene certe e riparazioni eque anche a carico del magistrato che può sbagliare ma non di brutto e troppo spesso. Il rischio che il tema apparentemente tecnico sui separati in ufficio nasconda l’intento di avvicinare e poi assoggettare l’ufficio della Procura all’esecutivo, è la paura di molti e la sicurezza di altrettanti. “Le Costituzioni siano le regole che i popoli si danno da sobri, perché valgano anche nel caso in cui si cada in preda ai fumi dell’alcool”, è l’adagio dei costituzionalisti per ricordare la sensibilità della Carta e la faciloneria della politica. Come il vino, bianco o rosso, a lungo andare diventa aceto.

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