Guerra e pace
Caffè Scorretto
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C’è poco da girarci intorno: sia gli uni sia gli altri non vogliono che la guerra finisca. Vale per quella d’Ucraina come per quella del Medio Oriente. Le ragioni vere sono inconfessabili: maggior potere, supremazia territoriale, sopravvivenza politica, interessi finanziari, economici e mercantili. Chi invoca la fine dei conflitti è considerato un traditore tanto in un campo quanto in quello avverso. Oppure un visionario. Le motivazioni di chi vuole continuare i combattimenti sono, stando alle dichiarazioni ufficiali, sempre lodevoli: portare a termine missioni di pace, abbattere le dittature, vendicare i soprusi, soccorrere i più deboli. Vogliamo eliminare i dittatori, che sono la negazione della libertà e della democrazia; però non tutti: soltanto quelli alla nostra portata missilistica. Con gli altri si deve continuare a convivere perché l’alternativa è la guerra nucleare. Insomma, si fa la guerra in nome della giustizia, dei diritti umani, della sovranità dei popoli. E della stessa pace: una illogicità, con nervature di ipocrisia, alla quale ci stiamo assuefacendo. C’è allora da domandarsi: è giusto andare a eliminare il male facendo la guerra, che di tutti i mali è il peggiore? Abbiamo sostituito il senso dell’antica locuzione latina «se vuoi la pace prepara la guerra» con un paradosso assurdo e cinico: per conservare la pace devi fare la guerra.