D ue rivolte di popolo, due speranze s’accendono. Flebili però: perché a quelle ribellioni si oppone una forza soffocatrice disumana. Una in Cina, l’altra in Iran. Nell’Occidente seguiamo quegli eventi tragici con vibrante eccitazione. Come se fossero corride. Ci schieriamo dalla parte degli oppressi, vogliamo che prevalgano sui tiranni. Ma siamo attenti, nel dire e nel fare, a non turbare gli equilibri geopolitici, che coincidono con i nostri interessi, specialmente quelli di natura economica e commerciale. Pesiamo le parole sul bilancino dell’orafo perché anche le parole possono causare fratture. Lo stesso Bergoglio, che giustamente mattina e sera condanna la Russia e prega per la «martoriata Ucraina», tace sui crimini degli ayatollah e di Xi Jinping. I modelli di stato e dittatura di Iran e Cina, seppure molto diversi, sono uguali nella negazione della democrazia e dei diritti umani: entrambi liberticidi e stragisti, soffocano nel sangue ogni ribellione. Nella repubblica islamica l’insurrezione delle donne ha dato forza e slancio rivoluzionario al popolo intero; mentre in Cina il Covid sta presentando il conto all’imperatore di Pechino sospettato di esserne stato il primo produttore. Chissà se è vero che “chi di Covid colpisce di Covid perisce” (parafrasi di un noto proverbio di matrice evangelica).

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