E ra un incendiario, ora è un pompiere. A 23 anni Mario Capanna indossava l’eskimo, oggi a 76 veste giacca e cravatta. Dalla politica della spranga e della chiave inglese è passato all’offerta di pace dell’olio d’oliva, di cui è produttore. Dall’esaltazione di Marx all’elogio di Bergoglio. Dalla filosofia scardinante di Marcuse alle Confessioni di sant’Agostino. Dal libero amore all’amore universale. Dall’esproprio proletario alla difesa dei suoi vitalizi parlamentari di 5.000 euro netti al mese. Una parabola simile a quella di tanti suoi compagni di rivoluzione diventati borghesi in doppiopetto: cattedratici, dirigenti Rai, deputati, senatori, assessori, ministri, primari ospedalieri, giornalisti di stampa e Tv, anche di centrodestra. Se la rivoluzione non cambia la società, la società assorbe i rivoluzionari. Capanna voleva disfare il mondo, ora vuole stabilizzarlo. Nel suo ultimo libro prospetta «un parlamento mondiale per l’autogestione dell’umanità» eletto da sette miliardi di persone: un solo presidente, poche cariche, nessun governo. Compiacendosi di questa proposta, chiosa: «Che occasione sarebbe per il Pd e i 5stelle adottarla». Sull’idea globalizzante prevale il richiamo del pollaio e delle poltrone: Grillo garante illuminato, Letta presidente pio, Conte esecutore testamentario.

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