S ui giornali di oggi si trova una pagina tristissima di cronaca, la morte di Elena, bimba di cinque anni di Catania, uccisa dalla madre. È una brutta storia per il fatto in sé e perché il mondo del giornalismo e dei social ha collezionato un’altra figura miserevole. I fatti. Nella tarda serata di lunedì salta fuori la notizia che tre uomini armati e incappucciati hanno rapito la bimba all’esterno dell’asilo. Era la madre a raccontare questa versione. I carabinieri sin dal primo momento hanno dubitato delle parole della donna e prudentemente hanno evitato di diffondere la notizia in attesa di accertare la dinamica. Fatto sta che la storia del fantomatico rapimento è finita dritta dritta sui social. Potete immaginare il putiferio. I carabinieri sono stati costretti a confermare la denuncia della madre e i giornali hanno subito avvalorato la versione, arricchendola con un possibile movente: il padre, un poco di buono coinvolto in storie di droga, è stato punito con il sequestro della figlia per un regolamento di conti. In quattro e quattr’otto sputtanata una persona. Salvo poi scoprire che si tratta di un bis del caso Franzoni, dal quale differisce per la confessione della madre-assassina. Maledetti social. E maledetto un certo modo di fare giornalismo.

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