U na commissione composta da esperti del Comune di Milano e della Soprintendenza ha sostenuto che la scultura in bronzo raffigurante una donna che allatta al seno un neonato “rappresenta valori certamente rispettabili ma non universalmente condivisibili da tutti i cittadini”. Per questo motivo, all’unanimità, ha suggerito al sindaco Sala di non piazzare la statua della maternità, donata alla città dai figli dell’artista Vera Omodeo, in una piazza centrale ma di girarla a “un istituto privato (ospedale o un istituto religioso) in cui sia maggiormente valorizzato il tema della maternità espressa con delle sfumature squisitamente religiose”. La parola dagli esperti ai cittadini, con parte ma senza arte, che discutono simpaticamente nelle sale dell’Accademia di Venezia della morale del dipinto del pittore veneziano Tintoretto raffigurante Adamo e Eva con la mela. Anche a Firenze sotto palazzo Vecchio e a piazza Michelangelo la folla che ammira il David in piedi e nudo non sembra disposta a disquisire sulle “sfumature squisitamente religiose” e meno che mai interessata all’universale condivisione che, da che mondo e mondo, anche di fronte alla perfezione assoluta non esiste. Ci sarà sempre un però a rompere l’incanto della bellezza. Persino Michelangelo dalla straordinaria Pietà marmorea custodita a San Pietro, pretese l’impossibile: la parola.

© Riproduzione riservata