U n sacco di persone – anche preparate, anche di un certo livello cerebrale – ci ammoniscono che personalizzare le questioni politiche è un errore da ingenuotti. Perciò dopo anni passati a leggere la storia d’Italia attraverso la lente dell’arroganza craxiana, del cinismo di Andreotti e della megalomania amorale di Berlusconi dovremmo usare – più professionalmente, più consapevolmente – le categorie profonde della politica. E quindi dietro ogni atteggiamento c’è un gioco per il potere, e dietro ogni gioco di potere c’è al lavoro un sistema di valori, un Dna culturale. Ok, avete sicuramente ragione voi.

Ma allora Calenda? (Da pronunciare proprio così, col tono querulo di “E allora le foibe?”). Ma allora Calenda che litiga con Renzi e va col Pd e poi molla il Pd per mettersi con Renzi e poi ci rilitiga e ieri però ci ripensa e dice che in fondo Matteo non è un mostro? E i rinfacci e le battutacce e i bacini e i ripensamenti, la saga dei “per sempre” e dei “mai più”?

Davvero dobbiamo misurare i gradi di liberal-liberismo sulla scala Friedman per estrarre il senso e la radice quadrata di queste stucchevoli contorsioni da rotocalco? Perché noi fessacchiotti rimasti alla versione naif della politica come teatro dei pupi e per i pupi non dovremmo ripensare a quando quello narcisista era D’Alema?

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