Artificial-mente
Caffè Scorretto
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I genitori si annullano, per tamponare i limiti di un figlio problematico: dovrebbero premiare tutti quelli che lo fanno. Invece i trofei sono stati solo due: il Nobel per la fisica, dovuto a un figlio che uno di loro (Geoffrey Hinton, Università di Toronto) peraltro rinnega. L’altro premio è per John J. Hopfield di Chicago, che ha aperto con Hinton la strada per reti neurali, apprendimento dei computer e Intelligenza artificiale (IA in Italia, AI nel mondo).
«È spaventosa»: la definizione di Hinton per l’IA è netta. «I chatbot non sono più intelligenti di noi, ma presto lo saranno». Ne ha terrore: se Hitler ha realizzato così tanto in modo spietato (finché è durata), chissà che cosa potrebbe tirar fuori dall’IA un empatico allegrone come Putin.
Dice, Hinton, che GPT-4 (la più aggiornata) ha una quantità di conoscenze che umilia l’essere umano più informato, ma sul ragionamento ancora non ci eguaglia. Però è solo questione di tempo, «quindi dobbiamo preoccuparci». Anche perché i sistemi di IA imparano separatamente, ma condividono, e in un attimo questa conoscenza è come se si diffondesse da una persona a diecimila.
Di ogni scoperta, godiamo tutti per le applicazioni che aiutano. E tutti soffriamo per i suoi utilizzi malvagi. Questo, teme Hinton. E se potete leggerlo qui, è perché i quotidiani sono (ancora) figli di cervelli.