R epubblica Popolare cinese, venerdì 10 marzo 2023. L’assemblea del popolo elegge per la terza volta Xi Jinping presidente: votanti 2.952, favorevoli 2.952. Nessuno si astiene, nessuno è contrario. La dittatura, per accreditarsi, indossa spesso la maschera della democrazia. Come accadeva nelle repubbliche dell’impero sovietico che, senza pudore politico, si definivano democratiche: la parola democrazia, perso il suo valore semantico, nascondeva nel suo feroce dispotismo l’arma del terrore. Non facciamo finta di meravigliarci per l’elezione fintamente democratica di Xi Jinping a imperatore. È lo stesso Xi ad asserire, senza infingimenti, che il comunismo cinese è contrario alla democrazia perché, per sua natura, ha per obiettivo finale l’armonia, che si può raggiungere soltanto sotto una guida ferrea e illuminata. Un’utopia sospesa tra ideologia e sogno. Pericolosa come tutte le utopie quando si vuole realizzarle. Xi nutre disprezzo per la civiltà occidentale, che considera decadente e corrotta. Solo nel comunismo, asserisce, ci sono ordine e equilibrio. La Cina è la dimostrazione reale che il comunismo non è sparito, si è solo trasformato. Ci eravamo illusi quando trentatré anni fa pensammo di averlo sconfitto perché avevamo abbattuto il muro di Berlino. Il più grande caso di abuso edilizio della Storia.

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