I l 12 settembre saranno trent’anni che a Potenza Danilo Restivo attirò la sedicenne Elisa Claps alla Santissima Trinità, la uccise e nascose il corpo nel sottotetto. La famiglia denunciò subito la scomparsa di Elisa ma la chiesa non venne perquisita: il parroco aveva chiuso ed era partito. Al ritorno disse di non conoscere Restivo. Non era vero.

Il corpo rimase lì per anni. Nessuno lo segnalò al Pm, ma è difficile che non sia stato mai visto: a un certo punto nel sottotetto furono fatti dei lavori di muratura a 15 centimetri dal cadavere, malamente coperto di tegole. Non solo: un prete seppe di quella presenza dalle donne delle pulizie ma avvisò il vescovo, non la polizia. Gli disse che era stato trovato un cranio ma quello non se ne diede per inteso. Anni dopo in tribunale disse di aver capito “un ucraino”. Restivo ebbe tempo, fortuna e coperture. E nove anni dopo in Inghilterra uccise un’altra donna, Heather Barnett. Ieri la chiesa è stata riaperta, anche se pudicamente solo alla “preghiera silenziosa”. Ma è il silenzio che ha offeso Elisa Claps dopo la morte e ha condannato Heather Barnett. Servono parole e chiarezza, non silenzio. A che serve una chiesa dove si prega solo a occhi bassi, perché lo sguardo che si leva si imbatte nel sottotetto?

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