C’è un momento, ogni anno, in cui il cuore della Sardegna batte all’unisono. È quando i passi risuonano lenti sul selciato, i fiori ondeggiano sulle tracas, le campane suonano antiche e solenni, e un’intera Isola torna a stringersi attorno al suo Santo protettore. Succede dal 1652, ogni 1° maggio, come se il tempo non fosse mai passato: è la Festa di Sant’Efisio, il pellegrinaggio da Cagliari a Nora che non è solo devozione, ma anche tradizione, fede e musica.

Un rito popolare che sa di preghiera, di polvere e incenso, di storia e miracolo, e che continua a emozionare come una leggenda che prende vita sotto gli occhi.

Dal 1° al 4 maggio Cagliari si trasforma. Succede da 369 edizioni, quando migliaia di fedeli sfilano a piedi, a cavallo o sulle tracas—quei meravigliosi carri decorati con fiori, frutta e tessuti—lungo la strada che da Cagliari porta a Nora. È il lungo cammino del Voto, nato nel pieno della peste del Seicento.

01 05 2019 cagliari sant'efisio - foto giuseppe ungari
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Nel 1652, piegata dalla malattia e dalla paura, la città di Cagliari si rivolse al suo Santo guerriero: «Efisio, salvaci, e ogni anno ti onoreremo con una processione grandiosa». Una promessa che non è mai stata tradita. Neppure durante la Seconda Guerra Mondiale, quando tra le macerie si trovò comunque il coraggio di portare il simulacro in strada. Neppure durante la pandemia di Covid-19, quando la processione è stata simbolo silenzioso di resistenza e speranza. Ogni anno, il martire guerriero, compie il suo viaggio trainato da un giogo di buoi, accompagnato da Confratelli, Consorelle, le melodie delle launeddas e i colori degli abiti tradizionali della Sardegna.

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Ma chi era davvero Sant’Efisio, questo martire capace di unire un popolo per quasi quattro secoli? Secondo la tradizione, Efisio nacque nel III secolo d.C. vicino ad Antiochia, in Asia Minore. Cresciuto alla corte dell’imperatore Diocleziano, divenne ufficiale dell’esercito romano. Era un persecutore di cristiani, fino a quando—secondo la Passio Sancti Ephysii—una visione mistica gli cambiò la vita: una luce accecante, una voce divina, e una croce incisa sul palmo della mano. Fu la sua chiamata. Efisio si convertì, si fece battezzare e, inviato in Sardegna, si oppose all’Impero con il Vangelo.

Pagò con la vita quella scelta. Fu torturato, imprigionato nella grotta dove oggi sorge la chiesa di Stampace, e infine decapitato sulla spiaggia di Nora

E così, ogni primavera, la città rinnova il suo giuramento: lo fa con gli abiti tradizionali che raccontano storie di paese in paese, con i passi nudi dei penitenti e le lacrime sincere dei devoti e di chi ancora oggi chiede una supplica. Lo fa con l’Alter Nos—quest’anno la consigliera Marzia Cilloccu—che rappresenta la città come avrebbe fatto un ambasciatore da un re.

Ed è impossibile restare indifferenti. Perché non è solo una festa religiosa, è un racconto di fede e cultura popolare che continua a parlare anche a chi non crede, ma sa commuoversi davanti alla forza delle tradizioni.

Nei sotterranei di via Fossario, tra le ossa dei morti di peste, la memoria è scritta nella pietra. Ma sopra, nelle strade vive di Cagliari, è scritta nei volti. Ogni 1° maggio, quei volti diventano un unico volto, quello della Sardegna che, con passo lento e fiero, cammina anno dopo anno al fianco del suo Santo guerriero.

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