"Al Chievo siamo abituati alle difficoltà. E anche stavolta ne usciremo a testa alta".

Dalle parole ai fatti: questo è Sergio Pellissier.

In quel post su Instagram del 12 novembre 2018, diretto al dimissionario allenatore Giampiero Ventura, ci sono tutta la rabbia di un capitano e l'orgoglio di un uomo vero.

L'addio dell'ex tecnico della Nazionale alla panchina clivense ha toccato a fondo l'anima del leone di Fenis che da quel giorno è tornato a ruggire.

E il bomber gialloblù ha dimostrato di non essere finito, bensì di essersi solo momentaneamente assopito in attesa di un'occasione.

La sua carriera, d'altronde, parla per lui: 133 gol in 488 presenze con la maglia del Chievo, il record di gol nella storia del derby di Verona e quello del gol più "anziano" della nostra Serie A.

Pellissier ha 39 anni, ma nessuna voglia di smettere. E del resto come chiedergli di appendere le scarpette al chiodo dopo l'ultimo, splendido gol che ha costretto al pareggio l'Inter di Spalletti praticamente a tempo scaduto?

Il centravanti valdostano ha guidato i suoi anche contro il Frosinone, permettendo agli uomini di Domenico Di Carlo di centrare una vittoria fondamentale in chiave salvezza.

Ora i clivensi sono a quota 8 in classifica, con la speranza di riagganciarsi presto al treno buono per restare in Serie A.

Un treno per cui sta lottando, anche se in posizione più privilegiata, anche il Cagliari.

E proprio dalla Sardegna inizia la chiacchierata di Sergio con UnioneSarda.it. In pochi sanno, infatti, che la madre del bomber è sarda, di Lodè.

Sergio, partiamo da mamma Pietrina. Che legame hai con la Sardegna?

"Sono legato all'Isola per via delle origini di mia madre. Lei è di Lodè, ma ha dovuto abbandonare la sua terra per lavoro. Da giovane si è trasferita in Svizzera e poi ha trovato l'amore nel nord Italia. Ed è rimasta qui...".

È mai stato a Lodè?

"Sì, tanto tempo fa in vacanza. Poi da lì mi sono diretto verso il mare. Diciamo che ultimamente ho preferito la montagna. Magari in futuro ci tornerò con la famiglia, ho dei bellissimi ricordi".

Cosa c'è di sardo nel suo carattere?

"Sono sempre stato uno determinato. Quando prendo un impegno tendo sempre a portarlo a termine o quantomeno impegnarmi al massimo per raggiungerlo".

Il Chievo è ancora ultimo. La salvezza è possibile?

"Noi ci crediamo. Penso che sia giusto non mollare e lo stiamo dimostrando, anche se tutti ci davano per morti. Dal Chievo al Cagliari, lì dietro siamo un bel gruppone e tutti abbiamo potenzialità simili, non c'è una più forte dell'altra. Centrando la prima vittoria in campionato col Frosinone abbiamo dato un bel segnale".

Le dimissioni di Ventura vi hanno caricato ulteriormente?

"Non è questione di carica o meno. Quando è arrivato ha subito iniziato a parlare dei problemi, senza pensare a come risolverli. Credo che se uno prende l'impegno di allenare il Chievo, in una situazione del genere, debba avere un'altra mentalità, non mi è piaciuto il suo atteggiamento. Le sue idee di calcio erano ottime, ma non c'era tempo per realizzarle...".

Cosa pensa del Cagliari di Maran?

"I rossoblu sono un'ottima squadra e hanno un grande attaccante. Pavoletti è forte e una garanzia. Peccato per qualche acciacco di troppo. Quanto a Maran, abbiamo vissuto stagioni molto positive e abbiamo lavorato bene con lui. Purtroppo la sua avventura qui non si è conclusa bene, ma non posso fargli appunti. Quando le cose vanno male subentrano tanti fattori".

Ora Castro e Birsa vestono rossoblù...

"Sono due grandi colpi. In generale con noi hanno fatto cose importanti e sono calciatori di grandissima qualità. Valter in Sardegna può fare bene".

Che obiettivi si pone per il futuro?

"Non certo quello di smettere. Molti guardano la carta d'identità quando giudicano un attaccante, ma non funziona così. Ci sono tanti altri fattori e fra questi la testa. Dopo tante salvezza ho ancora voglia di dare tanto a questo sport".

Come Quagliarella?

"Sì. Lui è un altro che rispecchia le mie parole. Ogni anno dicono che siamo finiti, ma parla sempre il campo".

Eppure qualche panchina l'avete fatta...

"A me non piacciono le persone che appena non fai una partita ti danno per spacciato. Alle volte un allenatore decide per motivi tattici o perché giudica un altro più in forma. Nel calcio, come nella vita, devi lottare. Le cose te le devi guadagnare. Ho ancora tanta fame e deciderò io quando smettere".

Filippo Migheli

(Unioneonline)
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