Ci sono Sting, Elton John, Ed Sheeran, Liam Gallagher, Radiohead, Bob Geldof, Brian May dei Queen, Robert Plant dei Led Zeppelin, Peter Gabriel e Kim Wilde. Ma anche cantautori come Judith Weir, il direttore Simon Rattle e la violoncellista Nicola Benedetti.

Sono oltre 110 artisti e sono molto arrabbiati e delusi dal governo britannico. Protestano per come la musica - le grandi star ma, soprattutto, le band itineranti - siano state "vergognosamente" abbandonate dopo la Brexit. Lo fanno in una lettera pubblicata dal Times in cui denunciano come gli accordi "abbiano reso l'Europa una no-go zone per i musicisti".

Dopo la fine della libera circolazione tra il continente e il Regno Unito si devono, infatti, ottenere visti individuali prima di recarsi in qualsiasi paese dell'Unione Europea, con conseguenti costi aggiuntivi (anche permessi di 350 sterline per strumenti musicali e altre attrezzature) e beghe burocratiche che renderanno "molti tour insostenibili".

Londra e Bruxelles si incolpano a vicenda per questa situazione ma - dicono i firmatari - a farne le spese saranno i musicisti, specialmente i giovani e gli emergenti "che già fanno fatica a tenere la testa fuori dall'acqua".

Tutta l'industria musicale del Regno Unito è stata già devastata dalla pandemia e le nuove restrizioni rendono più faticosa e lontana la prospettiva di un ritorno alle sale da concerto, ai tour e ai festival. Il negoziatore europeo della Brexit, Michel Barnier, ha negato di essersi opposto alla libera circolazione dei musicisti durante i colloqui, assicurando di aver presentato a Londra "proposte abbastanza ambiziose in termini di mobilità".

Secondo il quotidiano The Independent, è stata Londra a rifiutare una proposta standard dell'Unione che concede un'esenzione dal visto di tre mesi ad artisti e creatori, cosa che Downing Street ha negato. Nei giorni scorsi la segretaria di Stato britannica alla Cultura, Caroline Dinenage, ha assicurato che la porta è rimasta "aperta" a ulteriori discussioni "se l'Ue è pronta a prendere in considerazione le proposte molto ragionevoli del Regno Unito".

L'Unione dei musicisti ha già chiesto la creazione di un "passaporto dei musicisti" che duri almeno due anni, dai costi "economici", che comprenda tutti gli Stati membri dell'Ue e che possa essere usato anche dallo staff, dai tecnici e da tutto il personale che rende possibile il tour.

(Unioneonline/v.l.)
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