Si sa, la Sardegna è terra di centenari, ci studiano le università di mezzo mondo, l'Isola affascina i ricercatori e gli scienziati che vogliono capire, e magari un giorno fissare e riprodurre, il mistero della lunga vita.

Alimentazione, clima eccezionale, un'esistenza sana e a contatto con la natura, soprattutto nei territori dove il fenomeno è più ricorrente: sono tanti i fattori che, incrociati e ben assortiti, fanno della Sardegna un'isola felice, una Regione che, più di tutte nel nostro Paese, ospita una terza età piena di energie, risorse e saggezza.

Un immenso tesoro di umanità, nel paradiso dorato delle vacanze che gli appassionati viaggiatori ammirano stupiti per le bellezze millenarie di una cultura che lascia senza respiro, coccolato da una pattuglia di valorosi operatori della lunga vita.

Quei camici bianchi che, sette giorni su sette, 24 ore al giorno, si prendono cura dei nonni, degli anziani genitori di padri e madri che ripongono nei valori della famiglia un messaggio universale di amore e di sincero affetto, e di tutte quelle creature fragili che, per l'età avanzata, sono più soggette al ricorso dell'assistenza medica di professionisti sensibili e scrupolosi.

La malasanità, nelle cronache quotidiane, crea sempre scalpore, desta sdegno e sconcerto, alimenta discussioni e dibattiti su come combattere incapacità e disonestà.

Ma forse le notizie più belle, che confortano la paura primordiale dell'essere umano che prima o poi dovrà affrontare la malattia e la morte, sono quelle che raccontano le migliori eccellenze del nostro sistema sanitario che ogni giorno si scontrano con la vita reale, con le problematiche quotidiane di persone che soffrono, con l'organizzazione ospedaliera che non valorizza come dovrebbe professionalità e competenze e dimentica i pazienti.

È il caso di Carlo Doria, direttore della clinica ortopedica dell'Università di Sassari, insignito di recente del Premio Alziator e tra le massime autorità in campo medico.

Ebbene, proprio lui è stato artefice di un intervento che ha dell'eccezionale.

In una tranquilla domenica di primavera, era a disposizione di questa tanto detestata sanità per operare, assieme alla sua equipe, un arzilla nonnina di Genoni nata nel 1910 che, a causa di una frattura al femore, ha dovuto ricorrere alla professionalità di un luminare che, nei tempi previsti dai protocolli, è intervenuto entro le 24 ore dal trauma, per restituire la mobilità ad una delle nostre centenarie così invidiate dalla comunità scientifica internazionale.

Non succede tutti i giorni, ma può capitare che quella autonomia che un banale incidente domestico mette a rischio, dopo 108 anni di salute e felicità grazie ad una vita eccellente che la Sardegna regala attraverso la magica miscela di ingredienti miracolosi, può essere restituita dalla perizia geniale di mani eccelse e dalla solidità ortopedica di uno scheletro robusto ed elastico che, magari, in un'altra terra e in un'altra storia, non avrebbe ereditato tanta forza e una così elevata dose di resistenza al riassetto post operatorio.

In un caso da guinness dei primati, che ha visto sotto i ferri della sanità britannica un'altra donna, quattro anni più grande, operata dal chirurgo Jason Millington, si ritrovano le peculiarità di un'altra isola che ospita numerosi centenari.

È l'Isola di Wight, una contea dell'Inghilterra che si trova nella Manica a sud di Southampton.

Cinquant'anni fa calcavano i palcoscenici con successo i Dik Dik e, nel 1970, cantavano quell'Isola, così lontana dalla Sardegna, sulle note di Michel Delpech.

I nostri nonni erano lì a cantare con loro e oggi, sicuramente, ancora la ricordano perché a cent'anni la memoria dei sardi è sempre viva.

E i più fortunati, grazie a medici come Carlo Doria, potranno muoversi a qualsiasi età e seguire ritmo e melodia a tempo di musica.

L.P.
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