Nel giorno in cui i viceministri e sottosegretari del nuovo governo hanno prestato il proprio giuramento, Matteo Renzi annuncia l'addio al Pd. Con una telefonata al premier Giuseppe Conte ha comunque garantito che continuerà a dare il suo sostegno.

"Ci dispiace. Un errore - twitta Nicola Zingaretti -. Ma ora pensiamo al futuro degli italiani, lavoro, ambiente, imprese, scuola, investimenti. Una nuova agenda e il bisogno di ricostruire una speranza con il buon governo e un nuovo Pd".

"Nel 1921-22 - le parole di Dario Franceschini - il fascismo cresceva sempre più, utilizzando rabbia e paure. Popolari, socialisti, liberali avevano la maggioranza in Parlamento e fecero nascere i governi Bonomi, poi Facta 1 poi Facta 2. La litigiosità e le divisioni dentro i partiti li resero deboli sino a far trionfare Mussolini nell'ottobre 1922. La storia dovrebbe insegnarci a non ripetere gli errori".

E qualcuno ha tentato di far cambiare idea a Renzi, come è stato nel caso di Dario Nardella, sindaco di Firenze e fedelissimo della prima ora. Ma non ha avuto successo.

Per Enrico Letta la scissione è "una cosa non credibile, non c'è alcuno spazio per una scissione a freddo, e parlare di separazione consensuale non ha senso".

Lasciare il partito comunque non significa lasciare la politica, tanto che Renzi ha anticipato che avrà un proprio movimento e le basi numeriche sembra ci siano sia alla Camera che al Senato.

E su Facebook ha scritto: "Ho deciso di lasciare il Pd e di costruire insieme ad altri una casa nuova per fare politica in modo diverso. Dopo sette anni di fuoco amico penso si debba prendere atto che i nostri valori, le nostre idee i nostri sogni non possono essere tutti i giorni oggetto di litigi interni''.

(Unioneonline/s.s.)
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