Tensione alle stelle in Ucraina per la strisciante invasione russa in Crimea, completata ormai dalle forze di Putin senza sparare un colpo, come ammette stasera anche l'amministrazione Usa. Ma Mosca si ritrova sempre più isolata da un Occidente indignato che comincia a richiamare gli ambasciatori e a boicottare il G8 di Sochi. Il '"la" alla giornata l'ha dato il premier ucraino Arseny Iatseniuk: "Siamo sull'orlo del disastro, è allerta rossa. Questa non è una minaccia, è di fatto una dichiarazione di guerra al mio Paese", ha ammonito in inglese per rivolgersi a tutta la comunità internazionale. E il Paese ha subito risposto alla sfida dell'Orso russo: le pur risicate forze armate sono state messe in allerta da combattimento, i riservisti sono stati richiamati, lo spazio aereo è stato chiuso a tutti gli aerei non civili, la sicurezza è stata rafforzata nei siti chiave, a partire dalle centrali nucleari. Ma anche oggi le truppe russe, le forze di autodifesa locali e persino i cosacchi hanno continuato ad occupare in Crimea obiettivi sensibili, scavato trincee e assediato alcune basi ucraine con tanto di ultimatum, per ora senza resistenze e con un apparente consenso popolare diffuso in gran parte dell'Ucraina sud-orientale. Un migliaio di uomini armati ha bloccato a Perevalne, vicino a Simeropoli, l'ingresso di un'unità della guardia costiera ucraina per costringere i militari ad arrendersi. Altri 400 marine ucraini sono stati assediati nella loro base di Feodosia, porto a 200 km da Sinferopoli. Anche la 36/ma brigata dell'esercito ucraino alle porte di Simferopoli è stata bloccata da reparti speciali dei militari russi. La Crimea è russa, tanto che il ministero della Difesa si è sentito autorizzato a chiedere i dati dei giornalisti stranieri per accreditarli. Mosca combatte inoltre la sua battaglia mediatica, cavalcando sulle tv pubbliche la retorica nazionalista e la propaganda interventista, nonché diffondendo notizie non sempre verificabili: come le "diserzioni di massa" dei militari ucraini in Crimea, smentite dal ministero della Difesa ucraino, o l'ondata di 675mila "profughi" al confine con la Russia, dipinta come "un'incombente catastrofe umanitaria". Notizie per le quali il primo canale tv sacrifica la diretta della cerimonia degli Oscar, con una scelta che suona come uno schiaffo agli Usa. Ai pochi pacifisti che manifestano a Mosca, invece, il Cremlino tappa la bocca, come con i dissidenti ai tempi delle invasioni sovietiche: quasi 300 fermi oggi. Mentre l'unico spiraglio negoziale resta affidato all'incontro, atteso per domani a Mosca, fra Putin e Iulia Timoshenko. In Crimea Kiev appare invece impotente, limitandosi ad allontanare qualche nave da guerra da Sebastopoli, dove però il comandante in capo della Marina ucraina Denis Berezovski - fresco di nomina - ha inflitto un duro colpo alla leadership del dopo-Ianukovich girandole le spalle e giurando fedeltà alle autorità locali filorusse della Crimea. Il cuore pulsante della "rivoluzione" di Kiev resta comunque il Maidan, tornato oggi ad affollarsi e ad arringare contro la Russia e Vladimir Putin. Ma le uniche frecce insidiose nella faretra di Kiev sono quelle dell'Occidente, mai come ora unito nel condannare l'intervento armato russo. "Viola i principi della Carta Onu e costituisce una minaccia per la pace e la sicurezza in Europa", denuncia il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen, che invoca l'invio di osservatori e annuncia consultazioni sulla stessa attivazione del cosiddetto art. 4 (l'attivazione dell'apparato militare dell'alleanza) che per ora resta sospeso, ma che l'amministrazione Obama non esclude laddove paesi membri come la Polonia o le ex repubbliche sovietiche del Baltico dovessero ritenersi minacciate. Durissimo, dopo l'ennesimo monito telefonico di Barack Obama a Putin, il segretario di Stato Usa John Kerry, che annuncia per martedì una sua missione a Kiev: "La Russia si sta comportando come se fossimo nell'800, invadendo un altro Paese sulla base di pretesti completamente inventati". E' stato lui a quantificare il 'costò minacciato dal presidente Usa in caso di intervento militare: "La messa al bando dei visti, il congelamento dei beni, l'isolamento commerciale, con un ulteriore crollo della divisa russa", che oggi veniva cambiata già al record storico di 40 rubli per un dollaro (55 per un euro). E il boicottaggio del G8 russo previsto a Sochi all'inizio di giugno, con il rischio anche che Mosca sia cacciata fuori: il summit parte già dimezzato, con le defezioni dei lavori preparatori, oltre che degli Usa, anche di Francia, Gran Bretagna e Canada (che ha richiamato il proprio ambasciatore). L'unica a frenare in Europa è la Germania, che si dice scettica di una possibile esclusione di Mosca dal consesso degli Otto Grandi, mentre l'Italia si è appellata al Cremlino definendo "inaccettabile" la violazione della sovranità ucraina. In serata anche Angela Merkel ha sentito peraltro al telefono Putin, rinnovando la condanna di ogni violazione della sovranità ucraina, ma strappando anche - secondo l'annuncio di Berlino - la disponibilità del leader del Cremlino ad accettare "un gruppo di contatto" per il ripristino del dialogo e una missione congiunta di verifica sul terreno dei fatti sotto egida Osce. Il muro fra occidente e Russia resta d'altronde alto, forse più di quanto Putin forse non si aspettasse. Ma la cosa non sembra spaventarlo oltre misura: alla stessa Merkel lo zar ha infatti difeso le azioni russe in Ucraina come "adeguate a una situazione straordinaria". Tornando a denunciare "le forze ultranazionaliste" salite al potere a Kiev come un fattore di minaccia a "vita e interessi dei cittadini russi".
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