Dopo quasi 5 anni la verità - e la giustizia - sull'omicidio di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano rapito, torturato e ucciso in Egitto - è ancora lontana.

Oggi si è svolto, in videoconferenza, un nuovo faccia a faccia tra i magistrati italiani e quelli egiziani. Ma i punti di contatto tra le inchieste sembrano davvero pochi.

Da un lato, la Procura di Roma è pronta a chiudere le indagini a carico di cinque appartenenti ai servizi segreti egiziani accusati del sequestro dello studente friulano.

D'altro canto, il procuratore generale d'Egitto, Hamada al Sawi, "avanza riserve sulla solidità del quadro probatorio che ritiene costituito da prove insufficienti per sostenere l'accusa in giudizio", anche se "in ogni caso la procura generale d'Egitto rispetta le decisioni che verranno assunte, nella sua autonomia, dalla procura della Repubblica di Roma".

Poco, troppo poco per dare una svolta all'inchiesta. La Procura generale d'Egitto ritiene infatti che l'esecutore materiale dell'omicidio di Giulio Regeni "sia ancora ignoto".

Inoltre, si legge in una nota congiunta tra gli uffici giudiziari egiziani e italiani, "il procuratore Hamada al Sawi ha comunicato di avere raccolto prove sufficienti nei confronti di una banda criminale accusata di furto aggravato degli effetti di Regeni che sono stati rinvenuti nell'abitazione di uno dei membri della banda

criminale".

Visioni e ipotesi accusatorie diverse, insomma, per un nuovo nulla di fatto.

"Prendiamo atto dell'ennesimo incontro infruttuoso tra le due procure. Le strade tra le due procure non sono mai state cosi divise. In questi anni abbiamo subito ferite e oltraggi di ogni genere da parte egiziana, ci hanno sequestrato, torturato e ucciso un figlio, hanno gettato fango e discredito su di lui, hanno mentito, oltraggiato e ingannato non solo noi ma l'intero Paese", il commento dei genitori del ricercatore, Paola e Claudio Regeni, assistiti dall'avvocato Alessandra Ballerini.

"Se da un lato apprezziamo - prosegue la nota della famiglia Regeni - la risoluta determinazione dei nostri procuratori che hanno saputo concludere le indagini, senza farsi fiaccare né confondere dai numerosi tentativi di depistaggio, dalle interminabili dilazioni e dalle mancate risposte egiziane, d'altra parte non possiamo che stigmatizzare una volta di più la costante e plateale assenza di collaborazione da parte del regime che continua a non rispondere alla rogatoria del 29 aprile 2019 e non ha neppure voluto fornire l'elezione di domicilio dei 5 funzionari della National Security iscritti nel registro degli indagati due anni fa".

(Unioneonline/l.f.)
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