Il parere da Pechino è arrivato chiaro e inappellabile: i quattro deputati pro-democrazia del parlamentino di Hong Kong - Kwok Ka-ki, Alvin Yeung, Dennis Kwok e Kenneth Leung, tutti del Civic Party - sono da espellere in base al giudizio riassumibile nella "mancanza di patriottismo".

La mossa, prevista e accusata di "spazzare via l'autonomia" della città, ha mobilitato tutti gli altri 15 parlamentari dell'opposizione che in blocco, come minacciato lunedì sui timori della stretta, hanno annunciato le dimissioni parlando di decisione "ridicola".

Wu Chi-wai, presidente del campo pan-democratico, ha detto che gli sviluppi segnalano il completo abbandono da parte di Pechino della Basic Law, la Costituzione locale. E nella città ora restano i pesanti dubbi sulle mosse future da seguire a tutela della democrazia e delle riforme. "Va bene perdere, non va bene smettere. In questo frangente lasceremo la legislatura, ma NON abbandoneremo la battaglia per la democrazia di Hong Kong", ha scritto su Twitter la carismatica deputata Claudia Mo.

Nel frattempo Pechino condanna le dimissioni di massa dei deputati pro-democrazia del parlamentino di Hong Kong, definendole una "farsa" e una "sfida aperta" alla autorità sua e della Basic Law. In una nota, l'Ufficio per gli affari di Hong Kong e Macao, che fa capo al governo centrale, ha definito la mossa "un atteggiamento di ostinata resistenza. Se i deputati puntano a usare le dimissioni per un'opposizione radicale e per sollecitare un'influenza esterna, hanno fatto male i loro conti".

(Unioneonline/v.l.)
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