Sei anni di abusi che lo hanno portato allo "schifo, disgusto, nausea" per l'ambiente ecclesiastico. Così la presunta vittima degli abusi al Preseminario San Pio X parla della sua esperienza cominciata quando aveva solo 13 anni.

All'inizio "lo choc", poi "l'esasperazione", infine "la rassegnazione" di fronte a quel compagno un anno più grande di lui che si era infilato nel suo letto pochi mesi dopo il suo arrivo a Roma. Nel Processo per i presunti abusi ai 'chierichetti del Papa' il tribunale vaticano ha ascoltato L.G., originario di Sondrio, oggi ventottenne.

L.G. arriva a Roma nel settembre 2006, a 13 anni, lasciando un paesino di montagna in Lombardia ed era "motivo di vanto" per tutta la comunità vedere la foto di lui chierichetto accanto al Papa.

Gabriele Martinelli, oggi sacerdote e imputato nel processo, è la prima persona che conosce e con il quale fa addirittura il viaggio in treno, da Milano a Roma prima dell'ingresso al Preseminario. Ma subito le attenzioni si spostano su un altro piano.

"Era la fine del 2006 o l'inizio del 2007, me lo trovai nel letto mentre dormivo, fu una cosa strana, ero piccolo, provai un senso di confusione. Cominciò a toccarmi". Così racconta la prima volta. Ma poi per sei anni le richieste sono proseguite e alzate di livello fino a veri e propri rapporti sessuali.

Le presunte molestie avvenivano per lo più di notte e gli altri compagni che stavano nella stessa stanza "o dormivamo o facevano finta di dormire". I rapporti veri e propri si consumavano invece nella "farmacia", una stanza vuota del Preseminario, e negli ultimi anni "nella stanza privata di Gabriele".

Quanto invece agli abusi nel bagno della basilica di San Pietro, dietro l'Altare della Cattedra, L.G. racconta che ci fu un tentativo da parte di Martinelli ("mi disse: 'vieni, dai, facciamo presto'") ma lui si sottrasse e non accadde nulla in quell'occasione.

"Negli anni, dopo il blocco totale, ho provato a ribellarmi, quando veniva la notte facevo rumore, lui se ne andava ma tornava poco dopo". L.G. non ha cercato aiuto, denunciandolo o gridando, "perché non volevo che i miei compagni vedessero, provavo vergogna, potevo essere tacciato di essere omosessuale".

La richiesta di rapporti era continua, "2-3 volte la settimana". Dice di aver subito questo perché "Martinelli era delegato dal Rettore per ogni cosa", a partire dai servizi liturgici. Ma anche se "andavo a comprare un giornale in edicola" era lui a dare il permesso.

L.G. nel 2009 parlò con il Rettore, don Enrico Radice (l'altro imputato del processo), manifestando il "disagio" per "i fastidi" subiti da Martinelli. Ma non entrò "nei dettagli" dei presunti abusi. Don Radice , in ogni caso, lo trattò molto male: "Mi diceva 'Sei solo invidioso, smettila, chiamo il tuo parroco, la tua famiglia'. Io avevo paura di tornare a casa. Che cosa avrei detto? Sarebbe stata una vergogna".

Nel 2013 L.G. scrive una lettera all'allora vescovo di Como, mons. Diego Coletti, raccontando quanto aveva vissuto. "Non volevo fare casino, volevo un sostegno economico per pagare la psicoterapia". Alla lettera non ci fu risposta. Nel 2017 il servizio de Le Iene, nello stesso anno una lettera al Papa (che però non fu mai recapitata); nel 2018 la denuncia al Tribunale vaticano e quindi l'inizio del processo.

Prossima udienza il 26 marzo. L'avvocato della vittima ha intanto chiesto di chiamare in giudizio la diocesi di Como, alla quale fa riferimento l'Opera don Folci, responsabile del Preseminario.

(Unioneonline/L)
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