Ventisette medici morti per Covid negli ultimi dieci giorni, 216 dall'inizio della pandemia. A pagare il prezzo più alto in questa seconda ondata sono i medici di famiglia e si aggiungono i 12 decessi tra gli infermieri da settembre a oggi, 53 in tutto a partire dalla prima fase dell'epidemia.

"È evidente che a livello organizzativo qualcosa non sta funzionando. Bisogna fermare questa strage degli innocenti, ne va di tutto il Servizio sanitario nazionale", dice con grande preoccupazione il presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo) Fillippo Anelli. La Fnomceo intende chiedere al ministro Roberto Speranza di farsi promotore di un incontro tra Regioni, organizzazioni sindacali e camici bianchi per mettere a punto un Protocollo sulla sicurezza dei medici di base così come è stato fatto per i colleghi ospedalieri.

"I medici di base devono poter fare il tampone ogni settimana o 15 giorni, prassi già consolidata in ospedale, ricevere effettivamente dalla Asl tutti i dispositivi di sicurezza (Dpi) e in particolare devono avere la formazione, che non è mai stata fatta dall'inizio dell'epidemia, sul corretto uso dei Dpi, la vestizione e la svestizione, specie quest'ultima che è il momento con il più alto rischio di infettarsi", spiega Anelli.

"Ogni giorno vedo circa 30 pazienti, tenendo conto della percentuale di asintomatici presenti nella popolazione, capita continuamente che un contagiato venga in ambulatorio per qualsiasi disturbo senza sapere che ha il virus. Basta un minimo errore nel momento in cui mi svesto e posso restare contagiato io stesso", racconta Domenico Crisarà, vice segretario della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) e medico di base a Padova. "Finora ho acquistato quasi sempre da me i dispositivi di sicurezza. Le dotazioni che dovremmo avere dalle Asl arrivano a singhiozzo, o neanche".

"Quello che mostrano le trasmissioni televisive è vero: enormi stanzoni dove stanno insieme medici, infermieri e pazienti infetti o con altre patologie", dice l'Anaao: "La pandemia è stata affrontata in buona parte in strutture ospedaliere vetuste, vecchie di almeno 50 anni, e difficili da riorganizzare. In situazioni così, in locali con malati pieni di aerosol non è difficile infettarsi nonostante mascherine, occhiali e paraschizzi".

(Unioneonline/D)
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