Ci sono i primi due indagati nell'ambito di una delle due inchieste che riguarda la gestione del coronavirus nella Bergamasca e, in particolare, di quella relativa alla chiusura e alla riapertura, in sole tre ore, del pronto soccorso dell'ospedale di Alzano dello scorso 23 febbraio.

L'identità degli indagati non è stata resa nota, l'ipotesi è di epidemia e omicidio colposi.

Sulla vicenda i pm di Bergamo hanno ascoltato nei giorni scorsi l'ex direttore della Sanità regionale Luigi Cajazzo, il direttore generale dell'Asst di Seriate Francesco Locati e il direttore sanitario di Alzano Roberto Cosentina.

Intanto procede anche l'altra indagine, quella sulla mancata istituzione a inizio marzo della zona rossa ad Alzano e a Nembro, tra i Comuni d'Italia più colpiti dall'epidemia da coronavirus.

Per accertare eventuali responsabilità sono già stati ascoltati l'assessore al Welfare della Lombardia Giulio Gallera, il governatore Attilio Fontana, il premier Giuseppe Conte e i ministri dell'Interno e della Salute Luciana Lamorgese e Roberto Speranza.

Sul caso è tornato a parlare, nel Consiglio comunale in videoconferenza di ieri sera, il sindaco di Bergamo Giorgio Gori.

Il primo cittadino ha smentito le voci di presunte pressioni da parte degli imprenditori locali contrari alla chiusura della zona: "Non ero contrario alla zona rossa e nessuno ha fatto pressioni. A Roma parlavo con i parlamentari del mio partito, non con il presidente del Consiglio o con il ministro della Sanità. Molti amministratori del Nord si sentirono mossi dagli ambienti economici a dare un segnale di resilienza, io l'ho fatto il 26 febbraio sui social. Lo ritengo un errore da parte mia".

(Unioneonline/F)
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