Una morte che ha scioccato la città di Padova e non solo, un decesso causato dalla droga e che sta facendo molto discutere, perché la vittima è un giovane di appena 23 anni.

Si chiama Federico Bertollo, e poco ha in comune con i tossici che si aggirano nelle piazze dello spaccio locale: un'ottima famiglia con papà medico e fratello avvocato, un passato di studi al conservatorio, le serate al karaoke con gli amici, le recite a teatro come attore e cantante in diversi musical.

Eppure, a risultargli fatale nella giornata di lunedì scorso una dose di eroina, quasi senz'altro la prima che assumeva, iniettatagli direttamente in vena dal suo pusher, prontamente arrestato dai carabinieri. Lo spacciatore è Ivano Sogliacchi, ha 49 anni, di professione restauratore e soggetto già noto alle forze dell'ordine. Ora è rinchiuso in una cella del carcere di Padova, con l'accusa di spaccio e di "morte come conseguenza di altro reato".

L'ipotesi più probabile è che Sogliacchi, che ha iniettato la dose di eroina in vena a Bertollo nel suo appartamento, abbia esagerato con la quantità, ma le indagini proseguono perché la famiglia vuole capire cosa sia accaduto e in che modo Federico sia stato convinto a sottoporsi a una pratica di cui più volte aveva detto di avere paura.

Nel suo passato, come ha chiarito il fratello in modo del tutto trasparente, ci sono anche molte ombre, che però il giovane sembrava avere accantonato.

"Da ragazzino — spiega il fratello al Corriere — Federico era brillante: pieno di amici, aveva la fidanzatina ed era un bravissimo chitarrista. Un giorno, aveva 14 anni, venne investito mentre andava in bicicletta. Entrò in coma e ci restò un mese. Poi un anno di riabilitazione. Quando uscì dall’ospedale la parte sinistra del corpo non rispondeva più, camminava zoppicando". "I coetanei lo prendevano in giro, veniva bullizzato – prosegue - e incontrò qualche difficoltà ad accettarsi".

Federico provò a reagire, e non potendo più suonare la chitarra cominciò a studiare canto. Ma stentava a riprendersi e "in breve si ritrovò a frequentare dei brutti giri", ha ancora aggiunto il fratello.

Quindi la droga, sempre cocaina perché "lui aveva paura degli aghi", da cui l'anno scorso era riuscito ad uscire, con un lavoro in comunità e il desiderio di tornare in conservatorio.

Poi, l'epilogo più tragico, con molte perplessità anche sui soccorsi prestati.

"Il medico ci ha assicurato che, se i soccorsi fossero stati chiamati prima, mio fratello oggi sarebbe vivo". Cosa è successo, allora, lunedì in quell'appartamento di Padova?

I dubbi da chiarire sono ancora molti.

(Unioneonline/v.l.)
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