È stato per giorni il tassello mancante della storia di Desirée Mariottini, la 16enne drogata, stuprata e poi morta a Roma, nel quartiere San Lorenzo.

Parliamo di Marco Mancini, il pusher 36enne italiano arrestato perché secondo l'accusa avrebbe ceduto la droga consumata quella sera nello stabile abbandonato di via dei Lucani, quella droga che avrebbe provocato la morte dell'adolescente.

Antonella, la ragazza che ha svelato agli inquirenti diversi dettagli di quella tragica notte, ha detto che c'era anche lui: "C'era anche Marco quella sera. Portava sul posto, in cambio di droga, alcuni psicofarmaci".

Il gip Maria Paola Tomaselli ha confermato la custodia in carcere per il 36enne. Lui nega tutto: "Io non ero lì quando è morta e non ho dato droga a Desirée", ha affermato durante l'interrogatorio, convincendo almeno in parte il magistrato: che ha tenuto in piedi le accuse di detenzione e cessione di sostanza stupefacente ma fatto cadere l'aggravante della cessione di droga a minore.

Oggi si è tenuta anche - presso il tribunale del Riesame - l'udienza per valutare la richiesta di scarcerazione di Mamadou Gana: il tribunale si è riservato la decisione, che sarà presa nei prossimi giorni. Ieri è caduta l'accusa di omicidio per gli altri due stranieri arrestati, Alinno Chima e Brian Minteh: restano entrambi in carcere, accusati di spaccio e di violenza sessuale.

Anche l'accusa di violenza sessuale, a proposito, è stata derubricata. Non è più, infatti, "di gruppo".

LA PROCURA - Gli inquirenti vanno avanti con l'impostazione iniziale, nonostante sia caduta l'accusa di omicidio. Sono convinti che gli arrestati fossero consapevoli che il mix di droghe avrebbe ucciso Desirée, ma la decisione presa ieri dal tribunale porta a pensare che l'accusa sarà derubricata a "morte come conseguenza di un altro reato".

(Unioneonline/L)

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