Sono in tanti, tantissimi, sin dal pomeriggio. Un'ondata biancoblù ha invaso piazzale Segni. Volti fiduciosi, tanti sorrisi, qualche scongiuro. Gli occhi fissi al megaschermo, dove è riposta la speranza di un popolo sognante. È il popolo della Dinamo, che trepida per il secondo scudetto. Fa caldo, un'afa però sopportabile anche nella calca, magari con qualche birra o coca-cola gelata. Manca mezz'ora all'inizio della gara e c'è aria di festa. Idealmente è la piazza di tutti sardi, il salvadanaio di porcellana che conserva una grande speranza, dal valore inestimabile: il tricolore.

Sul megaschermo, nell'attesa, c'è il nuoto, ma la gente non lo guarda neppure. È distratta la mente è nella palla a spicchi. Si leva di tanto in tanto il grido "Sassari! Sassari!". Ci sono tante famiglie, munite di sedie come ai vecchi tempi, sono almeno quattromila, forse cinquemila, in pratica la capienza del PalaSerradimigni. Ed esplode come uno stadio quando inizia il collegamento dal Taliercio. Le immagini della prodezza di McGee in gara 6 scaldano ulteriormente la piazza. Poi si comincia: Reyer a razzo, 4-0. Arriva il primo canestro biancoblù e un grido liberatorio scioglie la tensione. Poi entra Spissu e i decibel salgono come una deflagrazione: "Si segna poco e non è un buon segnale", osserva saggia Patrizia, 11 anni pieni di speranza. Al primo quarto Venezia è avanti ma la fede del popolo biancoblù nei propri eroi non sembra diminuire. Gli occhi dei più giovani guardano lo schermo come se volessero entrarci e aiutare Polonara, che infatti segna. Venezia cerca di fuggire ma il pubblico non ci sta. La speranza non lo abbandona mai.

Cala l'oscurità come un presagio nefasto. "Sembrano tutti stanchi", afferma Paola, maestra di 43 anni. Ma si spera ancora che non sia finita, anche se il secondo quarto finisce a -9. La gente è furibonda per una tripla di Stone considerata irregolare. Gianfranco, 63 pensionato, ne ha viste tante ed è scettico: "Con questi punteggi bassi sarà difficile per noi".

Nell'intervallo lungo ci si consola con la salsiccia. Chi ce l'ha ne offre ai vicini. È la solidarietà sassarese. Si riparte, in un'atmosfera elettrica, ma i veneziani volano e qualcuno ha già gli occhi lucidi. Anche perché al terzo quarto il distacco è salito a 22 punti. Così, nell'ultimo, è il silenzio a prevalere e si capisce che la gara non ha molto da dire. Venezia è campione, Sassari soltanto seconda.

Il pubblico sassarese ha ancora la forza per un applauso che è una lezione di civiltà. I Giganti hanno perso ma nessuno potrà cancellare quel sogno durato un anno intero e sfumato nell'ultima partita. Gli dei del basket erano con De Raffaele, ma Pozzecco e i suoi saranno per sempre nei cuori dei sardi. Una sconfitta non può cancellare quanto di bello fatto sino a ieri.

Argentino Tellini

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