Ci sono voluti dieci anni, ma alla fine hanno vinto la battaglia contro l'autovelox di Monastir. Il giudice civile ha dato ragione ad un gruppo di automobilisti che era stato sanzionato per eccesso di velocità nel 2010, stabilendo che l'apparecchio non solo deve essere tarato regolarmente, ma la manutenzione doveva essere fatta anche da un'azienda autorizzata e certificata.

Il lungo contenzioso

Circa quattrocento automobilisti, nel 2010, si erano rivolti all'associazione La Casa dei diritti (associazione a tutela dei diritti delle persone) dopo aver scoperto di essere stati sanzionati per eccesso di velocità dall'apparecchiatura installata dal Comune di Monastir lungo la Carlo Felice. Difesi dall'avvocato Renato Chiesa, tutti avevano impugnato quei verbali (alcuni dei quali con la pena accessoria della sospensione della patente) e si erano rivolti alla Prefettura. Una buona parte di questi ricorsi era stata accolta già dal Prefetto, ma poi alcuni erano stati confermati ed è stato necessario andare davanti ad un giudice.

La sentenza civile

A pronunciare la sentenza che spazza via in un colpo solo gli ultimi verbali rimasti è stata la giudice del Tribunale di Cagliari, Doriana Meloni, che - in sede d'appello - ha anche condannato la Prefettura a risarcire le spese legali. Due i concetti ribaditi nella decisione: gli autovelox, come tutti gli altri strumenti di misurazione, devono essere sottoposti a verifica periodica almeno annuale (perché altrimenti il rischio è quello di una misurazione inattendibile), e la taratura periodica deve essere effettuata da un «soggetto accreditato». Il primo principio è diventato un macigno insuperabile con una sentenza della Corte Costituzionale arrivata nel 2015. Da prima di quella data, in ogni caso, il Comune di Monastir si era messo in regola, dunque quasi tutti i verbali successivi sono stati regolari e hanno superato qualsiasi ricorso.

Soddisfatto il legale

In primo grado il giudice di pace di Serramanna aveva respinto i ricorsi, costringendo gli automobilisti a presentare un appello davanti al Tribunale. A costituirsi in giudizio non era stato il Comune di Monastir, ma la Prefettura che, dopo aver accolto un primo consistente blocco dei quattrocento ricorsi contro l'autovelox, aveva poi improvvisamente cambiato orientamento confermandone vari. «Molti dei 400 automobilisti che ho assistito», spiega soddisfatto l'avvocato Renato Chiesa, «avevano collezionato più di un accertamento. In alcuni casi c'erano stati dei pendolari che avevano ricevuto anche 7 e 10 verbali ciascuno. Per questa ragione, alla fine, il numero degli accertamenti annullati è decisamente più alto».

Le motivazioni

«In caso di contestazioni circa l'affidabilità dell'apparecchio», si legge nella sentenza che cita la pronuncia della Corte Costituzionale che obbliga alle tarature annuali, «il giudice è tenuto ad accertare se tali verifiche siano state effettuate, non potendo ritenersi sufficiente l'annotazione di conformità apposta dal verbalizzante». In altre parole, come ormai consolidato da una giurisprudenza granitica, tutti gli apparecchi (autovelox, telelaser, etilometri) oltre che essere omologati devono essere tarati regolarmente da un'azienda certificata. Solo in quel caso l'accertamento dell'infrazione al codice della strada può considerarsi valido e la sanzione legittima.

Francesco Pinna
© Riproduzione riservata