Tra il 2016 e il 2017 le assunzioni all'ospedale San Marino di Oristano erano pilotate, secondo l'accusa, dal Partito dei Sardi.

Infermieri, ostetriche, operatori sociosanitari e lavoratori interinali: tutti, per vincere i concorsi, dovevano promettere il proprio voto o assicurare la propria candidatura, e si avevano maggiori probabilità se si veniva da Macomer e dintorni.

Un meccanismo ben oliato quello sgominato dopo quasi tre anni di indagini dalla Guardia di Finanza di Oristano e dalla Procura della Repubblica.

Quattro persone sono finite ai domiciliari, e parliamo di nomi altisonanti: Antonio Onorato Succu, sindaco di Macomer, Augusto Cherchi, ex consigliere regionale (entrambi Pds e all'epoca dei fatti dirigenti del San Martino), il capo del personale dello stesso ospedale Salvatore Manai, originario di Silanus ma residente a Cabras, candidato per il Pds alle comunali di Oristano del 2017, e Giovanni Piras, infermiere di Villacidro.

Per un'altra indagata, Agnese Canalis, responsabile dell'agenzia interinale di Sassari E Work, è scattata l'interdizione per un anno dal suo incarico. Era la Canalis, secondo l'accusa, a reclutare le figure professionali richieste dall'allora Asl 5 di Oristano rispettando le indicazioni di Cherchi, Succu e Manai.

Interdizione analoga è stata richiesta per altri due dirigenti dell'azienda sanitaria, ma trattandosi di pubblici ufficiali il Gip potrà decidere se accoglierla solo dopo averli interrogati.

Nel registro degli indagati un'altra ventina di persone che avrebbero assicurato il proprio voto o la propria candidatura in cambio dell'assunzione.

Le accuse, a vario titolo, vanno dalla corruzione alla frode nelle pubbliche forniture, dall'omissione di atti d'ufficio all'abuso d'ufficio e rivelazione di segreti d'ufficio.

Le indagini della Gdf sono cominciate a inizio 2017 sulla base di alcune segnalazioni, e non è stato facile trovare i riscontri necessari. Gli indagati si muovevano con molta circospezione, gli incontri per decidere chi dovesse vincere i concorsi si svolgevano spesso nelle camere mortuarie o nelle sale operatorie, sempre al riparo da occhi e orecchie elettronici.

(Unioneonline/L)
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