La storia è iniziata con una perquisizione di un appartamento in via Imperia, a Olbia. Un'attività del Commissariato che ha coinvolto subito la Procura di Cagliari. La persona che viveva nel condominio olbiese, un operaio di cittadinanza marocchina, 40 anni, è finito nei pasticci perché la memoria del suo smartphone era piena di filmati, secondo il pm a contenuto pedopornografico. Ma adesso il problema è un altro, perché nel telefonino è stato scoperto ben altro. Il perito informatico incaricato di fare la copia forense della memoria elettronica ha visto le immagini orribili di decapitazioni di prigionieri di gruppi islamisti radicali. Filmati che documentano le esecuzioni di persone finite nelle mani delle formazioni più violente del radicalismo jihadista. La presenza dei file video ha cambiato completamente la situazione e la Polizia di Stato ha informato la Direzione distrettuale antiterrorismo di Cagliari. La Dda è a conoscenza da tempo dell'esistenza dei filmati trovati nella memoria del telefonino dell'operaio, le indagini sono scattate immediatamente. A quanto pare, nel frattempo, l'operaio si è reso irreperibile.

Due inchieste

Sulla base degli elementi segnalati dalla Polizia di Stato sono state aperti due fascicoli, uno riguarda le immagini che ritraggono minori in pose pornografiche (Procura di Cagliari) e l'altro la disponibilità e provenienza dei video delle decapitazioni, oltre al profilo della persona che era in possesso del materiale riconducibile a organizzazioni terroristiche. Per quanto riguarda la prima indagine, le contestazioni sono state definite e il procedimento è approdato davanti al giudice Camilla Tesi. La Procura di Cagliari ha trasmesso gli atti a Tempio e il capo d'imputazione per i reati ai danni dei minori è del pm Gianmarco Vargiu. L'indagine della Dda, invece, segue il suo iter autonomo. A quanto pare i filmati delle decapitazioni sono diversi e alcuni non sono stati scaricati dai siti delle organizzazioni islamiste più pericolose e violente. Non trapelano dettagli sui luoghi dove i prigionieri sono stati decapitati. Potrebbe trattarsi anche di materiale video che l'operaio marocchino (della città di Meknes) si è procurato senza aderire ad alcun gruppo terroristico, ma la disponibilità del materiale è un campanello d'allarme. Anche questa vicenda, come altre avvenute a Olbia, è stata segnalata alla Digos di Sassari. La città gallurese da anni è un crocevia di personaggi che hanno avuto e hanno contatti e rapporti stabili, dimostrati dalla Dda di Cagliari, con organizzazioni terroristiche.

I precedenti

In passato la Polizia e i Carabinieri hanno sequestrato a Olbia materiale (non solo informatico) il cui contenuto ha fatto scattare indagini, arresti e l'espulsione di presunti affiliati o simpatizzanti di gruppi jihadisti. Uno dei casi più eclatanti è quello dello studente pachistano che postava su Facebook immagini e documenti inneggianti la jihad.

Andrea Busia

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