Alla fine, tra l'altolà del Governo, l'impossibile certezza di far entrare in Sardegna solo villeggianti Covid-free e l'urgenza di salvare la stagione turistica, dopo tante chiacchiere questa storia del passaporto sanitario potrebbe persino risolversi in una classica, facile e veloce autocertificazione.

«Il che vorrebbe dire ancora carta», quasi si mette le mani in testa il professor Luigi Atzori, docente di Patologia clinica dell'Università di Cagliari. Epperò dice che sì, «la questione deve chiamare in causa la coscienza del singolo: ho fatto il test e sono negativo, non mi pare di essere entrato in contatto con sintomatici e positivi, posso andare in vacanza senza mettere a rischio chi mi circonda. Se uno invece è consapevole di non essere a posto, deve rinunciare al viaggio».

Un appello alla coscienza del turista? «Secondo me è la cosa più importante: chiedere a chi vuole venire a trascorrere le ferie in Sardegna di dichiarare come è messo. Dobbiamo pur fidarci: è così che va avanti il genere umano, fidandoci l'uno dell'altro».

L'esame di conferma

In vista della ripresa dei collegamenti aerei e navali, mentre in Sardegna cresce il dibattito e monta la polemica sul foglio rosa sanitario, il professor Atzori puntualizza che «la certezza che con un esame negativo una persona sia sicuramente negativa non l'avremo mai». Ma questa, sempre nel rispetto delle regole igieniche e di distanziamento, è una fase in cui - per ridare slancio all'economia - qualche rischio ce lo si deve pur assumere.

«E' logico che in un mondo in cui voglio evitare il contagio dovrei paralizzare tutto e dire: venite in Sardegna e per due settimane state in isolamento. Ma è improponibile. Quindi cosa si fa? Credo che se il turista ha un tampone negativo, non presenta sintomi e in coscienza dichiara di non essere stato a contatto con sintomatici, ci si possa muovere con tranquillità». Al turista, però, il professor Atzori chiederebbe un sacrificio in più. «Gli chiederei di ripetere l'esame qualche giorno dopo l'arrivo: sarebbe molto utile per aumentare la possibilità di identificare i contagiati negativi al primo controllo».

Che tipo di esame farebbe? Non il test salivare che «ancora non esiste sul mercato». Non il tampone, «perché i reagenti scarseggiano». L'ideale «è il kit sierologico rapido: una goccia di sangue che si può raccogliere anche con un laboratorio mobile lungo la strada. Se ho l'infezione e aspetto una settimana, nella stragrande maggioranza dei casi si manifestano gli anticorpi».

Il tracciamento

«E' evidente - conferma l'epidemiologo Paolo Contu, docente di Igiene dell'Università di Cagliari - che la sicurezza non la si avrebbe neanche facendo il test più sicuro all'aeroporto di sbarco. Forse è più importante concentrarsi sulla capacità di intervento dei servizi sanitari nel caso in cui un turista dovesse ammalarsi qui in Sardegna. Siamo in grado di rintracciare tutti i contatti che ha avuto da quando è arrivato? Di agire su ciascuno di questi contatti e di fare tutto ciò che dovrebbe essere fatto? Il punto, dunque, è la capacità di gestione di un'emergenza, è avere chiaro che cosa si fa nel momento in cui il problema dovesse verificarsi».

La rete mobile

In ogni caso, interviene Gennaro Lamberti, presidente nazionale di Federlab, la più importante associazione di categoria dei laboratori di analisi accreditati, «noi siamo disponibili a metterci a disposizione della Regione con i nostri laboratori mobili per fare i tamponi nei porti e negli aeroporti». Niente test della saliva, «che non hanno alcuna validazione».

A lui il passaporto sanitario non piace. «Tutti abbiamo ragione di essere accorti ma la paura non è mai una buona consigliera. Quello che va fatto è un programma preciso su cosa si vuole individuare nel turista che è un potenziale portatore. Noi siamo pronti a fare la nostra parte».

L'avviso del Movimento

Il patentino Covid-free per i turisti non piace neanche ai parlamentari sardi M5S. «Il presidente Solinas trovi un'alternativa seria al passaporto sanitario, rivelatosi finora solo un pessimo slogan capace di far perdere clienti e reputazione alla nostra industria turistica».

Serve, «un modello alternativo al passaporto sanitario, rendendo note le linee guida. È questo l'unico modo per tranquillizzare i turisti che vogliono venire in Sardegna, unitamente al potenziamento della rete sanitaria e al rispetto delle procedure igienico-sanitarie da parte delle compagnie di trasporto aereo e navale».

Piera Serusi

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