La Coronavirus-Disease è doveroso precisare che si tratta di una patologia respiratoria raramente fatale. Può manifestarsi in modo lieve con raffreddore, febbre, tosse e mal di gola, anche se non si esclude la sua forma severa con polmonite e difficoltà respiratoria nelle persone più suscettibili. Questo è ciò che avviene anche nelle comuni influenze.

Benché individuato nel 1965, il Coronavirus è stato poco studiato perché difficilmente coltivabile. Le infezioni respiratorie lievi e il raffreddore, di cui è responsabile, hanno fatto sì che si inquadrassero tra le sindromi influenzali comuni. Questo virus circola liberamente tanto che gli anticorpi sono stati individuati nei bambini sin dal primo anno di vita ed è presente nel 50% dei bambini di quattro anni e nel 70% degli adulti. A complicare gli studi è anche la rapidità dell'evoluzione propria dei virus per mutazioni casuali. Ciò implica l'identificazione del ceppo mutante, la sua coltivazione e la produzione del vaccino. Un iter che richiede tempo. Ma in questo caso specifico, va precisato che non ci troviamo di fronte a nessuna pandemia globale.

Come è noto, il ceppo responsabile della CoVD19 è stato isolato nel dicembre del 2019 a Wuhan in Cina. Per la somiglianza con il virus della Sars (Sindrome respiratoria acuta grave) è stato chiamato SARS-CoV2 ma si tratta di virus diversi della stessa famiglia. È corretto che le persone adottino misure di prevenzione, ma il panico è ingiustificato. La CovD19 è poco più di un'influenza e i casi di influenza stagionale vengono erroneamente considerati infezione da Coronavirus. Ad avallare questa tesi sono gli stessi risultati dei laboratori di analisi, presi d'assalto in tutti i centri di malattie infettive.

Il tono allarmante degli appelli delle istituzioni regionali, per un possibile "sbarco" in Sardegna di questo virus (trasporti permettendo), tendono a sovraccaricare di responsabilità i medici di base e i pediatri da sempre in prima fila. Le autorità politiche dovrebbero porsi il problema reale, se gli ospedali pubblici dei territori disagiati e gli stessi grandi ospedali di Cagliari sono in grado di far fronte all'eventuale nuova emergenza.

Con le dismissioni e il declassamento dei servizi in questi anni, a partire da laboratori di analisi, la soppressione di interi reparti, il taglio e la mortificazione delle professionalità sanitarie, per noi sardi, se così fosse, le speranze di sopravvivenza sarebbero poche. Per fortuna siamo di fronte ad un grande equivoco. Non esiste nessuna pandemia letale da Coronavirus. Purtroppo sono numerose le persone defedate che muoiono per le comuni influenze, ma questo non fa notizia e i decessi non si contano.

Claudia Zuncheddu

(Portavoce Rete Sarda Difesa Sanità pubblica)
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