"Non so cosa abbiano raccontato ai parenti di Maria Fresu. È incredibile che di lei non vi sia più traccia. Non so come possano pensare che il corpo sia stato distribuito nelle varie bare. Non so cosa pensi la sorella di tutto questo. Alla sorella e al fratello, se li incontrassi, direi di non accettare delle verità di comodo".

Queste le parole di Gilberto Cavallini, l'ex terrorista "nero" condannato all'ergastolo per la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980.

Il riferimento è alla donna originaria di Nughedu San Nicolò, una delle 85 vittime dell'eccidio, il cui corpo non è mai stato ritrovato.

Secondo la Procura bolognese, Cavallini, oggi 67enne, fornì supporto logistico agli esecutori materiali, anch'essi esponenti dei Nuclei armati rivoluzionari, Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini (già condannati in via definitiva quali esecutori materiali dell'attentato), ospitandoli a Villorba di Treviso prima della strage.

Ora, in semilibertà dopo la sentenza in corte d'assise, si sfoga, proclamando la sua estraneità e chiamando in causa proprio il caso Fresu.

"Sono molto sconfortato. Ma, da un certo punto di vista, me l'aspettavo. Non ho mai avuto la certezza della vittoria in mano. Ci sono stati momenti in cui ho visto qualche spiraglio come quando è venuta fuori la storia del Dna della Fresu e dell'86esima vittima. Ma quando non hanno voluto approfondire, lì ho capito che avremmo perso".

Ancora, dice Cavallini: "Mi fa molto piacere sapere che alcuni parenti delle vittime non la pensino come i giudici. Ora la Corte si è presa 180 giorni per le motivazioni. Vedremo come motiva questa condanna".

Quanto alla Fresu: "Non so cosa abbiano raccontato ai suoi parenti. È incredibile che di lei non vi sia più traccia. Non so come possano pensare che il corpo sia stato distribuito nelle varie bare. Non so cosa pensi la sorella di tutto questo. Alla sorella e al fratello, se li incontrassi, direi di non accettare delle verità di comodo".

Cavallini ricorda i punti oscuri della vicenda del cadavere di Maria e di quello della cosiddetta "86esima vittima". "Stiamo parlando di un processo dove ci sono due corpi che non si trovano. E c'è un lembo facciale che non appartiene a nessuna delle vittime della strage. E non c'è nessuno che va a indagare in quella direzione. Se dovessi dare un giudizio sbrigativo - conclude - direi quanto meno che c'è stato molto menefreghismo".

(Unioneonline/l.f.)
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