Tutti si chiedono: ma perché dovrebbe durare questo governo, e - se dura - quanto può durare?

Dopo quello che è accaduto al governo gialloverde, nell'estate più folle della politica italiana (e dopo la crisi più pazza del mondo) la domanda che si fanno gli italiani in queste ore è tutt'altro che infondata.

Anche il secondo interrogativo, è cruciale: dove si troveranno i soldi per disinnescare clausole Iva per 23 miliardi e allo stesso tempo dare una iniezione di liquidità che rilanci i consumi? Cosa non facile, nemmeno questa.

Però Giuseppe Conte ha dalla sua parte un'arma potentissima, un paradosso che lo rende più forte di prima, una situazione complessa che si può sintetizzare in maniera semplice: questa volta non esiste una alternativa al suo esecutivo. Quasi senza accorgersene, in modo precipitoso ma efficace, e in qualche modo persino ineluttabile, nel costituire questo governo i gialli e i rossi si sono bruciati i ponti dietro le spalle.

Non era così per il governo precedente: la Lega di Matteo Salvini (e si è visto) coltivava l'idea del voto anticipato, e aveva questa possibilità teorica. Mentre il M5s (e si è visto) era convinto di avere in tasca la carta di riserva di una possibile nuova maggioranza.

Certo, Salvini era convinto che la sua Blitz Krieg agostana sarebbe stata una guerra-lampo, una mossa - cioè - che avrebbe compresso i tempi della crisi rendendo impossibile l'accordo tra Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti. Tuttavia persino sette soli giorni sono bastati ai due neo alleati per passare dall'insulto reciproco a siglare un solenne patto fondativo.

Molti di quelli che gridavano “andiamo dritti al voto” (ad esempio la vicesegretaria del Pd Paola De Micheli) si sono ritrovati direttamente ministri, quello che sembrava impossibile è diventato realtà.

Ma il punto è proprio questo: se Conte cadesse adesso quale sarebbe il piano B dei due soci di maggioranza? Nessuno.

Militanti e attivisti dei due azionisti del governo stanno lentamente digerendo la svolta, ma i due leader di maggioranza sono ancora in mezzo al guado e hanno bisogno di poter produrre dei risultati.

Non c'è una seconda chance in questa legislatura e gli elettori non capirebbero la repentina rottura del patto.

I sondaggi (ad esempio Nando Pagnoncelli, sul Corriere della sera di ieri) ci dicono che in questo momento Conte è molto più popolare dei suoi ministri, e anche del suo stesso gabinetto.

Le prime parole pronunciate pubblicamente dall'uomo forte del governo, il superministro dell'economia Roberto Gualtieri, archiviano il progetto della flat tax e proiettano il dispiegarsi delle nuove politiche economiche sulla prospettiva dei tre anni.

Tuttavia il cosiddetto cuneo fiscale in busta paga (ovvero il taglio della pressione fiscale a favore dei cittadini), per rilanciare i consumi deve iniziare subito.

Si pensa a un abbattimento dei redditi fino a 27mila euro, con un beneficio per i dipendenti di cento euro al mese circa, da incassare spalmati con ogni stipendio, o in una unica soluzione, come se fosse una sorta di quattordicesima.

Un “effetto ottico” espansivo che dovrebbe spingere gli italiani a spendere, rassicurarli. Sappiamo che questa mossa sarà progressiva, che all'inizio costerà almeno sei miliardi, e che non sarà facile trovare soldi, sia per questo obiettivo che per disinnescare le clausole Iva.

Pochi giorni fa - a Ravenna - mi sono trovato a parlare a notte fonda con uno dei neo ministri, Giuseppe Provenzano. Un giovane, quadrato ma appassionato che ora chiede a Gualtieri 15 miliardi da investire subito nel Sud (anche in Sardegna) per impedire la fuga dei giovani cervelli.

C'è in questo governo una pattuglia di quarantenni con una formazione economica - oltre a Provenzano, Francesco Boccia e Lorenzo Fioramonti - convinti che si debba spendere, anche in deficit, per far ripartire l'economia. C'è il più grande taglio dei tassi mai operato dalla Bce.

Ci sono la recessione in Europa e la frenata

della locomotiva tedesca, ci sono le promesse della Von Der Leyen di aprire i cordoni per gli investimenti. C'è il commissario agli affari economici Paolo Gentiloni che stavolta è un amico dell'Italia e non un nemico. È un incredibile allineamento di pianeti che non si è mai prodotto prima e forse non si ripeterà mai.

È il caso di dire: “Se non ora quando?”. Perché una cosa è assolutamente chiara nella sua spietata e disarmante chiarezza: o l'economia italiana riparte, entro un anno, con la ripresa della domanda interna, o questo governo muore, come quello che lo ha preceduto.

Luca Telese

(Giornalista e autore televisivo)
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