Nei sacri testi dell'energia li chiamano ancora carri bombolai, come nella storia antica del trasporto del gas. Dall'asino con le bombole bilanciate sulla groppa alle cisterne su gommato la differenza non è un abisso. In terra sarda di camion carichi di metano, se dovesse passare il piano di lobby e di Stato, ne gireranno ogni giorno una colonna marciante infinita. Unica regione d'Europa dove il gas scorrerà direttamente sulle strade, come se il Medioevo non fosse mai passato. La storia della metanizzazione della Sardegna, con la pubblicazione dello studio di RSE, Ricerca Sistema Energia, la società incaricata dall'Autorità dell'Energia di valutare costi e benefici sulla metanizzazione dell'Isola, fa rimpiombare la regione nel torpore del sottosviluppo. Atteso con finta trepidazione, lo studio dell'Authority pone il sigillo su una scelta energetica che condanna la Sardegna a perdere il treno del presente e soprattutto del futuro. In sintesi il piano d'agosto indica tre scelte che mettono spalle al muro la politica energetica regionale. Prima di tutto il tema dello sviluppo. Le undici pagine dell'executive summery lo dicono con estrema chiarezza: alla Sardegna non serve energia perché non c'è sviluppo industriale. La conseguenza, secondo i censori del futuro dell'Isola, è lapalissiana: senza sviluppo industriale le infrastrutture sono inutili. L'esito finale dello studio è disarmante: non serve la dorsale per la distribuzione del metano perché non si raggiunge un miliardo e mezzo di metri cubi di gas da distribuire.

Terzo mondo

La soluzione è da terzo mondo: trasporto via nave e carri bombolai ovunque. Praticamente il dimensionamento delle infrastrutture e della strategia di sviluppo non viene fatta su un'ipotesi di crescita ma su una previsione lenta e inesorabile di sottosviluppo. È fin troppo evidente che senza energia nessuno insedierà la propria impresa in terra sarda e nessun tipo di sviluppo potrà essere perseguito proprio per l'assenza di quelle reti infrastrutturali energetiche che risulteranno disponibili ovunque, tranne che in Sardegna.

Colonna marciante

Nello studio di Rse si parla di un volume medio trasportato sulle strade sarde di 440 milioni di metri cubi di metano all'anno allo stato gassoso. Un dato che si può comprendere con una semplice misurazione: quel quantitativo tradotto allo stato liquido, l'unico con il quale si può trasportare il metano, è pari a 2000 metri cubi al giorno. Significano cento camion cisterna carichi di gas in giro ogni 24 ore per le strade della Sardegna. Se la proiezione fosse sulla sola "Carlo Infelice" significherebbe un carro bombolaio ogni due chilometri. Un dato che lascia comprendere quanto l'indicazione avanzata dallo studio sia proiettata al passato. In questo quadro da sottosviluppo strategico emerge, poi, il decreto "semplificazione" del Governo all'esame del Senato. Un atto che nasconde l'ulteriore colpo basso alla Sardegna e al suo futuro.

Galleggiante

In linea con la strategia della provvisorietà e della logica "spendere poco o niente per l'Isola", la relazione ufficiale di accompagnamento al testo dell'esecutivo nasconde un ulteriore progetto: Floating Storage and Regassification Unit. In pratica piattaforma galleggiante, una a Porto Torres e una a Portovesme, piazzate in mezzo al mare, dove far attraccare le quotidiane navi bettoline e trasformare il liquido in gas attraverso rigassificatori posizionati nello specchio acqueo prescelto per l'operazione. Un intervento a fortissimo impatto sulla navigazione del periplo dell'Isola e su aree dove lo stesso sviluppo turistico verrebbe certamente condizionato da strutture di tale portata sulla costa con il transito continuo di navi cariche di gas allo stato liquido.

Idrogeno a rischio

A questo si aggiunge un aspetto ancora più devastante per il futuro dell'Isola. Mentre in tutto il mondo si sta pensando di riconvertire le condotte del metano, dorsali e diramazioni, a favore dell'idrogeno o progettando condotte di terza generazione funzionali a distribuire questa moderna fonte energetica inesauribile, producibile dall'acqua, con vento e sole, in Sardegna si resta ancorati al passato remoto dei carri bombolai. La scommessa dell'idrogeno, che sarebbe dovuta essere la svolta fondamentale per tentare di recuperare il gap accumulato in mezzo secolo senza metano, rischia di essere persa per sempre. Il trasporto dell'idrogeno non è, infatti, ipotizzabile su gommato e mentre tutti pianificano investimenti per rafforzare le reti di distribuzione per la Sardegna si preferisce affidarsi a bettoline e carri bombolai.

Autorità equivoca

In questo quadro disarmante emerge l'equivoca posizione dell'Autorità di regolazione dell'energia che nemmeno una settimana fa in commissione al Senato aveva esortato lo Stato a farsi carico dei costi di infrastrutturazione dell'Isola ripartendoli nel prezzo nazionale del metano. Nello studio, invece, emerge un elemento che riguarda proprio i costi a carico dei sardi. Non solo la prospettiva è quella del servizio peggiore, in termini di efficienza e modernità, ma risulterà anche il più costoso. Lo studio fa l'elenco di quanto costerà molto di più l'intero sistema di carri bombolai e bettoline a mare.

Monopoli in agguato

Da pagare ci sarà il caricamento delle bettoline da un terminale del Mediterraneo, il costo delle navi cisterna, il costo di shipping dello scarico e stoccaggio presso depositi costieri, il costo di caricamento su camion e lo stesso trasporto su gommato fino ai rigassificatori. In tutto questo i sardi pagheranno molto di più, avranno un servizio da medioevo dell'energia, con molti soggetti che da questo piano guadagneranno un fiume di denari. Lo dice tra le righe lo stesso studio: «Non essendo i depositi costieri regolati, - a maggior ragione quelli galleggianti- potrebbero essere oggetto di rendite monopolistiche». Tanto pagano sempre i sardi e la Sardegna.

Mauro Pili
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