Saddie è la classica adolescente che si sente trasparente, peggio invisibile. La sua timidezza la blocca e non le permette di raggiungere quella popolarità tra i coetanei che è il sale della vita per ogni giovane. Un giorno però le succede una cosa ben strana: sul suo diario trova una frase che non ricorda di aver scritto in precedenza. Un'amnesia? Una distrazione? Eppure, il fenomeno si ripete giorno dopo giorno e grazie a questi misteriosi suggerimenti Saddie ottiene quella visibilità che tanto desiderava. Ben presto, però, il diario mostra il suo lato più sinistro e la ragazza si trova di fronte a richieste crudeli. Richieste a cui è ben difficile opporsi.

Scritto da Paola Barbato, autrice di grande successo nel genere thriller e creatrice di molte avventure a fumetti di Dylan Dog, e illustrato da Lucrèce (al secolo Lucrezia Bugane) Il diario del giorno dopo (Il battello a vapore, 2020, pp. 208, anche e-book) è un'acuta riflessione sulle paure che attanagliano un po' tutti i ragazzi in quella fase della vita in cui si smette di essere di essere bambini a tutti gli effetti. Un tema, quello delle paure adolescenziali, che è stata la molla capace di spingere Paola Barbato a cimentarsi nella narrativa per ragazzi dopo tanti libri per adulti:

"La proposta di un libro per ragazzi è arrivata dal mio editore, e all’inizio ero titubante, visto che ho sempre scritto thriller e horror per adulti. Ma poi ho messo a fuoco di non aver mai dimenticato ciò che provavo a 12 anni, non so se per fortuna o per sfortuna. Diventare adulta non mi ha impedito di conservare la fragilità di quelle emozioni, soprattutto lo smarrimento. Quindi, visto che mi era stato proposto di scrivere proprio per quell’arco di anni in cui non si è più bambini ma non ancora ragazzi, gli anni delle domande senza risposta, ho recuperato la me stessa di allora e ho provato a fornire delle risposte alle tante questioni che mi ponevo allora. Non pretendo siano risposte universali, ma sono alla base di quella consapevolezza di sé che porta poi alle storie che racconto al pubblico adulto. E l’ambito horror, sebbene con toni smorzati, è un’ottima metafora per veicolare un messaggio senza farlo diventare una lezioncina".

Cosa cambia quando si scrive per adolescenti e non per adulti?

"Indubbiamente il linguaggio, che non va semplificato ma va adattato. I ragazzi non hanno gli stessi strumenti interpretativi degli adulti, bisogna saper scrivere per loro senza sovrastrutture o malizie, pur mantenendo un grande rispetto. Non stiamo ‘elargendo’ storie, ma trasmettiamo loro dei concetti in cui crediamo, come fossero semi che saranno i giovani lettori stessi a decidere se piantare, annaffiare e veder crescere. È un grande sfida, perché semplificare senza impoverire non è un’operazione semplice. I temi invece vanno cercati guardando i ragazzi, sforzandosi di intuire cosa significhi tensione e mistero a quell’età, visto che alcune paure degli adulti sono noiosissime, agli occhi dei più giovani".

Nei suoi libri il tema della paura torna spesso, ma nel Diario del giorno dopo con quale paura abbiamo a che fare?

"Quando si hanno 12 anni la paura più grande è quella di ‘non essere’. Di non essere visti, non essere capiti, non essere apprezzati, non essere abbastanza. Quando sei un individuo in formazione tendi a vedere tutti i pezzi che ti mancano rispetto ai pezzi che già hai. E per sentirti ‘completo’ vai in cerca di scappatoie, per esempio fare quello che fanno gli altri, vestirti come gli altri e accettare ogni tipo di suggerimenti. Il diario della protagonista, Saddie Matters, fa esattamente questo, le suggerisce cosa accadrà il giorno dopo e come sfruttarlo a proprio vantaggio. Ma questo non farà sentire la ragazzina completa, perché altre sono le strade per raggiungere la consapevolezza di sé. Il diario porterà invece parecchi guai".

Il futuro fa veramente paura?

"L'ignoto fa paura e il futuro è ignoto, nel bene e nel male. Guardare davanti a sé senza certezze spaventa gli adulti come i ragazzi. Ma, se vogliamo, l'ignoto è anche l’obiettivo di qualunque avventura, compresa quella che ci accomuna tutti, la vita. Per andarle incontro ci vuole coraggio, che non rappresenta la capacità di affrontare ciò che si conosce e si sa di poter dominare, ma la forza di gettarsi nell'ignoto col dubbio di non uscirne vincitori. È una disciplina difficile, il coraggio, ed è più frequente vederlo nei giovani che negli adulti. Essendo l’altra faccia della paura, nutrito ed alimentato da essa, il coraggio è anche il trampolino che dà lo slancio in avanti. Ben venga la paura, se porta al coraggio e quindi alla corsa verso un futuro ignoto".

Quali sono le paure dei ragazzi di oggi?

"Credo che temano molto di non essere riconosciuti per ciò che sono, di essere sottovalutati o ignorati, di non avere voce. Molti si affrancano dal mondo adulto, in tantissimi ambiti. Per esempio, hanno creati i loro social, smarcandosi da quelli 'vecchi' degli adulti, oppure hanno affollato le piattaforme di scrittura libera, come Wattpad, per scriversi da soli le storie che vogliono leggere invece di quelle imposte da genitori e scuola. Hanno la loro musica, il loro linguaggio, i loro codici e chiedono un rispetto che talvolta non arriva. Le nuove generazioni sono più smaliziate rispetto alle minacce del mondo, imparano presto quali siano e forse per questo si sentono meno esposti e ridono delle raccomandazioni, cadendo poi in insidie nuove di zecca, più pericolose perché sfuggenti. Sarebbe bello riuscire a fare fronte comune per difenderci tutti insieme, ma da che mondo è mondo adulti e ragazzi difficilmente camminano fianco a fianco, purtroppo".
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