Tiziano Fratus è un poeta e uno scrittore. Soprattutto, però, è un cercatore di alberi. Ricerca gli alberi secolari e maestosi, i boschi più antichi. Li recensisce, li misura, fotografa. Vi medita e poi li racconta.

Sono nati così tanti suoi lavori e così è nato il recentissimo "Il bosco è un mondo" (Einaudi, 2018, pp. 150. Anche EBook), libro che ha per protagonisti assoluti alberi e boschi da salvaguardare in Italia.

Le faggete vetuste del Cansiglio e d'Abruzzo, gli alberi esotici di Ferrara e Trieste, i grandi castagni del Piemonte e dell'Appennino, i ficus di Reggio Calabria, i tassi di Sardegna, insomma tutti quei grandi monumenti della natura che rischiano – per incuria, cementificazione e cattiva amministrazione – di diventare solo ricordi del passato. Un mondo, fatto di alberi, spazi selvaggi, silenzi, odori che l'uomo mette sempre più a rischio giorno dopo giorno con la sua invadenza.

Un mondo con cui fatichiamo a convivere ma che è parte della nostra storia e soprattutto fondamentale per la nostra vita come ci spiega proprio Tiziano Fratus: "Il bosco è un mondo perché vive e si rinnova in una sintassi del tutto propria, con forme di vita che noi nelle nostre case, nelle nostre città, non desideriamo. A parte certi alberi e certi fiori che alleviamo nei giardini e nei parchi, sui davanzali o sulle terrazze. Molti dei boschi che possiamo toccare e attraversare sono invero frutto dell'attività disegnatrice dell'uomo, che ha occupato l'intero territorio, o quasi, lo ha plasmato non tanto a sua immagine e somiglianza ma a suo bisogno. E così la gran parte dei boschi sono stati selezionati, coltivati, abbattuti e ripiantati, e poi, nel corso dell'ultimo mezzo secolo, in parte abbandonati".

L'olivastro plurimillenario di Uras
L'olivastro plurimillenario di Uras
L'olivastro plurimillenario di Uras

I boschi e soprattutto gli alberi, i grandi alberi antichi, cosa ci raccontano del nostro paese?

"Ci raccontano che gli umani di tanto in tanto hanno rispetto per quel che esiste da più tempo di loro. E qui c'è bisogno di distinguere. Gli alberi allevati dagli umani nei propri giardini, negli orti botanici, nei parchi o nelle proprietà agrarie, sono arrivati fino a noi grazie alla cura, al pensiero benevolo. Gli alberi che invece non dipendono dal nostro occupare e gestire, i veri patriarchi millenari e ultramillenari, quelli ci ricordano che il nostro soffio è corto, anzi, cortissimo, che il mondo fra pochi istanti non ci apparterrà più, che l'umanità stessa vive in questo minuscolo pianeta azzurro da poco tempo, rispetto alla storia stessa del pianeta. La maestosità di taluni castagni e cedri accanto a ville e castelli, la contorta caparbietà di taluni larici e cirmoli in cima alle rocce, o la preistoricità nelle forme delle ramificazioni di un gigante come il più annoso albero italiano, che si trova proprio in Sardegna, l'ammirato olivastro di Luras con i suoi stimati tremila anni, ci riducono, ci rimpiccioliscono, ci potrebbero insegnare che ci sono forme di esistenza che seguono la propria linea senza preoccuparsi di tutti quegli insormontabili problemi e ambizioni che noi poniamo al centro della nostra impresa. E poi il loro silenzio che entra in risonanza col nostro silenzio".

Perché tutelare boschi e alberi equivale a un comandamento?

"Perché senza alberi noi non potremmo sopravvivere. Senza l'ossigeno, senza tutta la biodiversità che abita un albero e vive grazie ai boschi e agli ambienti forestali. Noi siamo natura anche se per ambizione e superbia ci siamo da un certo punto in poi della nostra evoluzione creduti superiori, addirittura figli di un Dio. E poi c'è un altro fatto non trascurabile".

Quale?

"Quando un uomo o una donna attraversano dei momenti complessi, difficili, della propria esistenza, dolorosi, estremi, molto spesso si cerca la natura, ci si allontana e ci si ritira, nei boschi o in ambienti a loro modo naturali. Rinasciamo riscoprendo fisicamente le nostre radici. E non è un caso che alcune delle somme cime della nostra civiltà siano stati eremiti che cercavano la saggezza in un filo d'erba, nel ventre oscuro d'una grotta, sulla cima di una montagna".

La copertina del libro di Fratus
La copertina del libro di Fratus
La copertina del libro di Fratus

Lei definisce le riserve naturali dei rammendi. Sono l'unica possibilità per sopravvivere in un mare di cemento oppure ci sono altre strade percorribili?

"Non credo nelle soluzioni uniche, nelle strade a senso unico. La natura ci insegna che l'evoluzione non segue quasi mai un unico indirizzo, le specie vincenti sanno evolversi e talora in più direzioni. D'altronde si dice che l'intelligenza sia anche capacità di adattamento. I boschi e le riserve sono per me rammendi nel paesaggio poiché rappresentano bolle temporali, uniscono un passato al presente e sono ponti per conservare e tutelare qualcosa che altrimenti non esisterebbe più. Sappiamo che nei boschi vetusti ritornano a proliferare insetti e forme di vita che i boschi regolarmente tagliati e nuovi non hanno e non possono custodire. Questo sia anche di monito a coloro che stanno scrivendo la nuova legge di consumo e sfruttamento dei boschi, perché non tutti i boschi sono uguali".

Fratus sotto un tasso di Badde Salighes
Fratus sotto un tasso di Badde Salighes
Fratus sotto un tasso di Badde Salighes

Prima ha accennato alla Sardegna e di Sardegna si parla anche nel libro. Cosa colpisce nei boschi e negli alberi dell'Isola?

"La Sardegna è una delle nostre regioni più spettacolari e ricche di bellezze naturali. Tante sono le riserve, dalla lecceta primaria di Montes sopra Orgosolo, il Parco dei sette fratelli, habitat del cervo corso o sarde, alle vaste foreste demaniali del Gutturu Mannu. Tanti gli uliveti e i carrubeti, fra i quali non mancano dei veri e propri musei a cielo aperto, come il S'Ortu Mannu a Villamassargia, dove riposa Sa Reina, l'ulivo Regina con i suoi nove secoli di cortecce. Nel libro parlo in particolar modo del grande tasso della xiloteca di Badde Salighes, vicino alla proprietà di Villa Piercy, nel comune di Bolotana. È il maggiore dei tassi monumento d'Italia. A poca distanza ho visitato una tassaia straordinaria, un vero bosco di tassi a Sos Nibberos, nel comune di Bono: sette ettari, un intrico di forme contorte e danzanti. Qui un po' di cura in più non guasterebbe".
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