Nei corridoi deserti piccoli passi veloci spezzano il silenzio di un sabato mattina diverso dal solito. Lady Mercurio ha fretta, si fa scudo degli agenti di polizia penitenziaria per abbandonare il Palazzo di giustizia di Cagliari e tentare di seminare i fotografi. È stizzita, visibilmente seccata, eppure, dice il suo avvocato, se l'aspettava. Si aspettava la condanna e pure la pena: 12 anni. Il processo è stato celebrato col rito abbreviato che garantisce lo sconto di un terzo, dunque il Tribunale le ha appena inflitto 18 anni. Per tentato omicidio. Mica poco.

La camera di consiglio dura un quarto d'ora: alle 10.50 il presidente Giampaolo Casula pronuncia il verdetto sulla falsa riga della ricostruzione del pubblico ministero Rossana Allieri e anche dell'avvocato di parte civile Anna Rita Frau che, per conto del marito dell'imputata, ottiene una provvisionale di 30.000 euro.

Pena severa, severissima, per un delitto grave, gravissimo. Lady Mercurio, 61 anni, originaria di Terralba, cagliaritana d'adozione, non c'è mai riuscita ma ha cercato di assassinare il marito 75enne almeno tre volte, l'ultima con un doppio innesto di mercurio: nella boccetta della flebo e nella caviglia. Un'infermiera ha visto le palline argentate e ha dato l'allarme. Altrimenti quella volta sì che la Loddo ci sarebbe riuscita: bastava poco, pochissimo tempo, e i medici non sarebbero riusciti a salvare l'ex finanziere in pensione ricoverato in Pneumologia al Binaghi per un male inspiegabile. Il paziente peggiorava e nessuno capiva il perché. Era stato appena trasferito dal Brotzu, dov'era rimasto per qualche settimana, e soltanto ora viene fuori che la moglie ci aveva tentato anche lì.

Prima lo aveva mandato in coma ipoglicemico con un farmaco, il Soldesam, sequestrato dai carabinieri a casa sua, poi lo aveva intontito con medicinali a base di oppiacei. Ecco perché i giudici, sulla stessa linea del pubblico ministero, non le concedono alcuna attenuante, anzi, conteggiano la doppia aggravante dell'aver agito contro il marito con un mezzo venefico. Codice alla mano, di meno non potevano darle e l'avvocato Marco Lisu non poteva fare di più: non gli resta che riproporre in appello la tesi sostenuta nell'arringa. Cioè: non è stata Maria Loddo, ha fatto tutto Duilio Fadda, l'amante.

DUILIO FADDA Chissà se c'entra davvero col delitto - del quale, sia chiaro, non è accusato - però il suo comportamento qualche dubbio lo solleva: intanto era al Binaghi nelle ore precedenti il tentativo di avvelenamento col mercurio. Ed era anche al Brotzu, insieme alla moglie Nunzia Maggio. Questa era stata sorpresa in camera dal figlio del pensionato e si era finta una volontaria. Il giorno dopo si era ripresentata, aveva aspettato il figlio del paziente nel parcheggio del Brotzu, lo aveva fermato e gli aveva detto che Duilio era l'amante di Maria Loddo.

La coppia era ricomparsa dopo l'arresto di Maria Loddo, nel giugno successivo. Nessuno li cercava eppure erano andati dai carabinieri a raccontare una storia poco chiara di soldi spariti. Duilio, insomma, si era messo nei guai da solo, anche perché non aveva spiegato come mai la notte del 23 maggio fosse al Binaghi nella stanza di Silvio Manca insieme a Maria Loddo. Risultato: è finito sotto indagine per favoreggiamento.

LA DOPPIA VITA Duilio conosceva l'altra vita di Maria Loddo, sapeva che la donna faceva massaggi hard a Quartu sotto falso nome. Lo aveva scoperto al termine di meticolose indagini, pedinamenti inclusi. Tutto era cominciato nel settembre 2006 quando aveva risposto a un annuncio sul Baratto: aveva conosciuto la massaggiatrice Teresa Ferrario, 40 anni, un figlio, un altro seppellito troppo presto, un compagno scappato alla vigilia del parto, la residenza a Milano, in via Montenapoleone. Amore a prima vista. Ma presto aveva capito che la sua amata mentiva, su tutto: identità, età, stato civile, figli. Aveva controllato Duilio, si era appostato, aveva fotografato e saputo: Teresa Ferrario era Maria Loddo, sposata da 33 anni, 17 anni in più di quelli dichiarati, nessun bimbo morto, nessun padre sparito davanti al pancione. E tutte quelle informazioni erano finite in un vero e proprio dossier, archiviato sul computer di Duilio. E sequestrato dai carabinieri dopo l'arresto della Loddo. Che, per inciso, ha sempre negato la relazione clandestina e i massaggi hard. Eppure, qualche settimana dopo l'arresto, uno dei suoi telefonini continuava a squillare: era nelle mani di Sandrino Mascia, un anziano di Quartu poi condannato per sfruttamento della prostituzione. Non solo: dal carcere Lady Mercurio gli aveva scritto una lettera per chiedergli di ospitarla nel caso fosse riuscita a ottenere gli arresti domiciliari. Dunque, il rapporto con quell'uomo accusato di gestire appartamenti dove si esercitava la prostituzione c'era, eccome. Anche se Lady Mercurio ha raccontato una storia completamente diversa: aveva lavorato come colf, tutto qui, poco ne sapeva di quel che succedeva in casa Mascia.

Non è l'unica lettera spedita da Buoncammino: Maria Loddo ne aveva inviate molte altre, soprattutto per depistare le indagini. Una volta, firmandosi Duilio Fadda, aveva minacciato di morte e ingiuriato il pm Allieri: «Stai attenta, l'altra volta col marito ci è andata male ma io sono svelto di coltello e questa volta tocca a te». Ecco perché ora dovrà affrontare un nuovo procedimento penale.

Intanto il marito vive nella sua casa, coccolato dai vicini e sereno, con l'aiuto della Fede. Un residuo di mercurio gli crea problemi alla caviglia ma tutto sommato sta bene. Qualcuno dice che vorrebbe mettersi in contatto con la moglie ma i familiari sono, ovviamente, contrari. Le sue domande per ora non avranno risposta.

MARIA FRANCESCA CHIAPPE
© Riproduzione riservata