Nessun sottomarino americano, e nessun container, urtò la nave traghetto Moby Magic - in navigazione da Livorno a Olbia, con 160 persone a bordo - la sera dell'undici settembre 2003 quando rischiò di affondare, vicino all'isola di Caprera, per l'apertura di una ampia falla in sala macchine. Fu invece la colpa del giovane Terzo Ufficiale, Gennaro Di Meglio, all'epoca ventiquattrenne e di turno ai comandi, a provocare il naufragio. Lo scrive la Cassazione nella sentenza 6783 della Quarta sezione penale, depositata oggi e relativa all'udienza svoltasi il 23 gennaio. Per più di un'ora, e fino al momento dell'urto contro gli scogli della Secca dei Monaci, avvenuto - senza vittime - attorno alle ore diciannove a sette chilometri da Olbia, Di Meglio, sottolineano i supremi giudici, aveva "omesso" di fare "il punto-nave". L'ultima rilevazione era stata fatta alle 17.45 dal comandante Gianfranco Cutugno, nonostante il vento soffiasse a forza sette e nel mare ci fossero onde forza quattro. Senza successo, la difesa del Terzo Ufficiale ha sostenuto che il naufragio era dovuto all'urto di un container o di un sottomarino, e che non erano state fatte le dovute indagini. Ad avviso degli "ermellini, la Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari - che ha emesso la condanna di Di Meglio, il 27 novembre 2012 - ha provato "oltre ogni ragionevole dubbio, la conclusione della effettività dell'urto dello scafo della nave con le rocce della secca sulla base di un ragionamento probatorio dotato del più elevato livello di probabilità logica equiparabile al più alto livello di credibilità razionale". L'urto "sarebbe stato certamente evitato - spiega la Cassazione - laddove l'imputato avesse diligentemente provveduto (pur in presenza del mancato funzionamento della strumentazione tecnica disponibile a bordo) a effettuare un regolare controllo del punto-nave effettivo, come imposto dalle regole della marineria". Invece, prosegue l'Alta Corte, tale controllo è mancato "per l'intero lasso di tempo in cui la nave era stata affidata al comando dell'imputato: un lasso di tempo irragionevolmente lungo avuto riguardo alle condizioni meteomarine di quel giorno e ai pericoli propri della zona di navigazione". Se Di meglio "avesse correttamente ottemperato agli obblighi che la sua posizione gli imponeva, si sarebbe agevolmente reso conto degli errori commessi con la possibilità di adottare tutto gli accorgimenti del caso". Sarebbe bastato osservare la vicinanza della costa, per percepire subito "l'errata posizione della nave". La Cassazione, inoltre, ricorda gli esiti dell'ispezione subacquea nel luogo dell'urto dalla quale emersero "sul costone della secca" le tracce degli zinchi in dotazione al traghetto.
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