G iuseppe Conte fa una mossa a sorpresa e Matteo Renzi rompe la tregua armata di questi giorni. Adesso la crisi è davvero precipitata, senza più nessuna rete protettiva: si naviga a vista in acque ignote.

Ieri, come un pokerista che anche arrivato all'ultima mano rilancia, il leader di Italia Viva ha pronunciato il suo proclama di guerra: «A questo punto - ha detto ad Huffington Post poche ore prima del Consiglio dei ministri più lungo della maggioranza giallorossa (quello di ieri notte) - il dado è tratto». È una crisi che si consuma prima ancora di manifestarsi apertamente. Subito dopo Renzi ha aggiunto: «Ormai è questione di ore. Il Conte ter lo ha cancellato Conte. È evidente che a Palazzo Chigi ha prevalso la linea di Travaglio e Casalino. Auguri».

Un botta e risposta che va spiegato ai nostri lettori che non hanno pratica con le formule astruse del Palazzo e con la numerologia latina, per capire cosa sta accadendo. Due giorni fa sembrava davvero che tutto potesse finire con un rimpasto che limitava i rischi per tutti i protagonisti e anestetizzava il conflitto con un compromesso. Il cosiddetto “Conte ter” (ovvero il terzo governo Conte), infatti, si prefigurava come un accordo in cui nessuno dei contendenti si faceva davvero male: Conte incassava un colpo, ma otteneva la garanzia di restare a Palazzo Chigi. Il Pd otteneva il risultato di contenere l'offensiva di Renzi e riorganizzava le sue forze con un rimpasto che rafforzava la squadra di governo.

I talia Viva non riusciva a disarcionare il premier («Se non lo faccio cadere dovrò andare a nascondermi su Marte», spiegava Renzi) ma avrebbe potuto dire di aver vinto la sua partita politica, ottenendo il rimpasto, la modifica della bozza e incrementando la sua pattuglia di governo.

In questa partita il Quirinale sceglieva di non entrare nella rissa politica, e chiedeva una sola garanzia a Renzi: non aprire la crisi prima che fosse ultimato il percorso del Recovery plan in Parlamento, (attendendo cioè almeno venti giorni): qualcosa di simile era già accaduto con Giorgio Napolitano e i ministri finiani, nella crisi dell'ultimo governo di Silvio Berlusconi del 2011, in nome della continuità istituzionale. A preoccupare il Quirinale c'erano due partite delicatissime ancora aperte in Parlamento: il cosiddetto decreto dei “ristori”, e - come abbiamo detto - il Recovery.

Ma Renzi ha voluto di più: probabilmente ha avuto paura che dopo l'eventuale varo del piano la sua argomentazione più forte (la critica sul Recovery) diventasse un'arma spuntata. E in secondo luogo ha pensato che in questo tempo Conte avrebbe potuto rafforzare la sua maggioranza al Senato. Così, a freddo, il leader di Italia Viva ha deciso di bruciarsi tutti i ponti alle spalle, e di non attendere un minuto di più: tutte le dichiarazioni di Italia Viva (le sue e quelle dei suoi sodali) annunciavano per la notte di ieri le dimissioni e un voto dei ministri sul Recovery plan di favore o di astensione. Ma rinunciavano a qualsiasi tregua. Renzi si era evidentemente convinto che Conte avrebbe risposto a questo fuoco di sbarramento capitolando. E invece il presidente del Consiglio, decidendo di rischiare tutto, lo ha spiazzato: «Se i ministri di Italia Viva sfiduceranno il governo - dice in una nota infornale il premier - per il presidente Conte sarà impossibile rifare un nuovo esecutivo con il sostegno di Italia Viva». Un vero e proprio schiaffo.

Conte potrebbe anche essere sfiduciato in Senato, dunque, se non riuscisse a raccogliere una maggioranza, ma non si piegherebbe all'ultimatum. Ed ecco l'ultima conseguenza di questa precipitazione di ieri. 1) Conte viene sfiduciato (e si rischia di andare al voto, se non nasce un'altra maggioranza). 2) Conte ottiene la fiducia e Renzi passa all'opposizione. Ma nel primo caso sarebbe davvero difficile far accettare al M5s (la speranza di Renzi) un altro governo senza Conte. Come si vede, tra i due duellanti non c'è più possibilità di intesa. Alla fine, sul palcoscenico drammatico della prima crisi Covid, ne resterà uno solo.

LUCA TELESE

GIORNALISTA E AUTORE TELEVISIVO
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