L a seconda ondata del coronavirus sta suscitando ovunque forti timori e pesanti disagi sociali per via dell'intreccio perverso sorto fra il sanitario e l'economico. Nel senso che ciò che va fatto per contenere i contagi danneggia l'economia, mentre la pandemia senza i contenimenti rischia di mandare al collasso strutture e presidi ospedalieri. Un intreccio che nelle sue complessità e nelle sue differenziazioni territoriali va rendendo ancora più difficile una composizione di situazioni chiaramente diseguali. Lo stesso intendimento del governo (così come annunciato ieri dal premier Conte) presuppone l'introduzione di un nuovo sistema di regole che si baserà su una classificazione delle diverse regioni in tre “scenari di rischio, con misure via via più restrittive”, a seconda delle criticità pandemiche. In effetti, si pensi alla Lombardia e alla Campania, sono le pesanti criticità dei dati epidemiologici ad imporre le maggiori restrizioni.

Qui nell'Isola, parrebbe invece essere la gravità dell'emergenza economica, determinata dal grave fermo nelle attività lavorative, a far paura più che i pericoli della pandemia. Parrebbe - si è detto - perché con il condizionale si ritiene di dover mettere in conto - per un giudizio più articolato - le fragilità e le falle di un apparato sanitario isolano, dimostratosi inadatto a fronteggiare l'eccezionalità di un'epidemia. Anche perché le sue ripetute riforme verticistiche sono avvenute sotto l'input, assai poco meritocratico ed efficientistico, del manuale Cencelli.

C erto è che la sanità sarda, sotto l'incalzare della pandemia, ha evidenziato non poche carenze strutturali e organizzative che hanno stravolto, e collassato, i presidi sanitari esistenti. Fortunatamente i dati epidemiologici ci pongono nel gruppo di coda delle regioni a forte rischio lockdown.

Ciononostante, non si deve abbassare la guardia, perché le conseguenze di un nuovo fermo totale (come si sta ipotizzando in queste ore) sarebbero drammatiche, e per alcuni nostri settori, come nel turismo, devastanti. Ci sono i numeri che ne attestano la pericolosità. Infatti, secondo autorevoli stime, ogni settimana di blocco totale costerebbe all'Isola, in termini di Pil, qualcosa tra i 150 ed i 180 milioni di euro, e, di conseguenza, il fermo occupazionale di altre migliaia di lavoratori. Senza dimenticare che l'Iisola si porta dietro un fardello negativo pari a quasi il 10 per cento del suo Pil annuale (vale circa 33 miliardi di euro) ed un tasso di disoccupazione sopra le due decine.

Ora, le misure adottate dalle autorità di governo, pur nella loro bulimia normativa, pongono comunque un freno, e richiamano peraltro a precise responsabilità individuali: ad esse occorre quindi attenersi scrupolosamente per evitare quel temuto lockdown totale che, per la nostra economia, sarebbe un vero colpo da knock-out.

Va detto che sono molti a ritenere che quest'incalzante ripresa della pandemia sia stata originata, specie nelle classi giovanili ed a partire da quel 20 del maggio scorso, da un'estate vissuta senza precauzione alcuna, nella spensieratezza delle vacanze e, soprattutto, nella riconquistata libertà di movimenti e di assembramenti dopo gli oltre 70 giorni di lockdown. Quasi che il pericolo fosse ormai estinto o, ancora peggio, non fosse stato altro che un'invenzione di una multinazionale in cerca di maggiori business. Peraltro, proprio quelle spensieratezze vacanziere avrebbero messo il turbo all'epidemia (è una teoria avanzata da alcuni virologi) che avrebbe poi trovato proprio nelle nostre famiglie il maggiore focolaio diffusivo.

Certo è che ci vorrebbe maggiore chiarezza e, soprattutto, il varo, da parte dei nostri governanti, a Roma come a Cagliari, di provvedimenti meno estemporanei, pasticciati ed emotivi. Perché in quella eccessiva bulimia di decreti ed ordinanze è ben difficile raccapezzarsi; perché confusione ed incertezza sono le due parole che meglio inquadrano una situazione che è di estremo disagio e di montante preoccupazione per i comuni cittadini. Sono poi questi a pretendere che rapidamente si trovino e si attuino da parte delle autorità di governo - Stato, Regione e Comuni - delle misure chiare ed efficaci, senza dover più assistere allo sconcertante balletto che ha caratterizzato la pantomima (tanto per fare un esempio) dell'insegnamento scolastico, in aula o a distanza.

PAOLO FADDA
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