I l coperchio del Covid-19 non può più coprire tutte le pentole della politica italiana. Nel Belpaese partiti e movimenti, soprattutto di governo, ribollono di loro. E se qualche settimana fa ogni positivo è stato buono - da Briatore a Berlusconi e via via smeraldando - per spostare l'attenzione degli italiani, negli ultimi giorni è la scuola a monopolizzare il dibattito.

La pandemia è planetaria e devastante, solo i negazionisti sostengono il contrario. Ma sarebbe strumentale se venisse utilizzata per giustificare il possibile flop del referendum confermativo sul taglio dei parlamentari. Tema nobile (comunque la si possa pensare) trasformato purtroppo in un fumetto da voltagabbana della prima e dell'ultim'ora, tra sì che diventano no (e viceversa) e libertà di coscienza (di chi?) a gogò. Basterà comunque una manciata di voti per alleggerire l'arco costituzionale di 400 parlamentari, ma un'affluenza da riunione di condominio sarebbe comunque imbarazzante per i Cinque Stelle, integralisti o laici che siano, accompagnati a furor di popolo nei palazzi del potere soprattutto per ridimensionare la casta della politica.

Il voto in sette regioni e in quasi mille Comuni, oggi e domani, aiuterà l'affluenza per il referendum, ma il dato andrà osservato altrove, anche nel centro-sud della Sardegna, dando per scontata (siamo troppo ottimisti?) una buona risposta nel capo di sopra per l'elezione di un nuovo senatore.

C erto, fa (inutilmente) discutere dover votare in molte scuole appena riaperte, ma è stata una scelta consapevole di Palazzo Chigi, che prima ha fissato la data del referendum e poi quella del primo giorno di scuola. In Sardegna siamo stati previdenti: tutti in classe il 22 settembre. Quando la Regione decise, il 4 agosto, non solo aveva messo in conto la scadenza elettorale, ma anche la possibilità di «allungare la stagione turistica». Oggi suona paradossale, da qualsiasi parte la si osservi. Noi elettori sardi potremmo mettere la croce sul sì o sul no ed eleggere il nuovo senatore del Nord Sardegna anticipando di qualche ora gli studenti. Resta da capire come sarà possibile ripulire e sanificare le scuole. Ma, come spesso succede, il problema è di qualcun'altro, nel caso dirigenti scolastici e sindaci. Pensarci prima no?

Tornando alle pentole e ai coperchi, sopravvissuto alla prima ondata e mezzo della pandemia, ma anche ai nove giorni n-o-v-e degli Stati generali (con al centro il piano di rilancio del già dimenticato Colao), alla fiducia sul Decreto Semplificazioni e alla proroga al 31 ottobre dello stato di emergenza-Covid, il Governo Conte è ora atteso alla prova del voto degli italiani. Il premier e chi lo sostiene (Pd in testa) hanno fatto a gara nello slegare l'appuntamento elettorale e il futuro di Palazzo Chigi. Domani sera tutti ne sapremo di più, anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Se come da pronostico vincerà il sì (il no farebbe crollare il castello Conte-Di Maio-Grillo-Zingaretti), in conto andrà messo il responso sui sette governatori, al netto dei soliti mal di pancia di Di Battista, stavolta sul caso Puglia, dove Pd e Cinque Stelle (così come in Campania, Toscana, Marche) vanno ciascuno per la propria strada. Ma anche le suppletive al Senato nel Nord Sardegna avranno un ruolo importante negli equilibri di Palazzo Madama. Si vota per sostituire la compianta senatrice M5S Vittoria Bogo Deledda. Una vittoria del centrodestra sposterebbe, eccome.

In attesa che oggi e domani la democrazia faccia il suo corso, noi sardi siamo pronti a tuffarci nella campagna elettorale per eleggere 159 sindaci e altrettanti Consigli comunali il 25 e il 26 ottobre. Alle nostre latitudini “pigàda a scraffingiu” (tradotto “faceva venire voglia di grattarsi forte”), nelle stanze dei bottoni, la sola idea dell'election day, ovvero concentrare il voto in un'unica scadenza. Per la cronaca: tornare a scuola per le Comunali, tra una quarantina di giorni, costerà a tutti noi una decina di milioni.

EMANUELE DESSÌ
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