P er quanti seguono con attenzione gli andamenti dell'economia sarda, il fatto che le previsioni più probabili indicherebbero l'avvicinarsi di eventi assai pericolosi, da allerta arancione o rossa (per mutuare il linguaggio dei meteorologi), non desta certo sorpresa. E anzi dovremmo mobilitarci tutti per evitare che la fase recessiva attuale si possa tramutare in una drammatica depressione. Cioè in una catastrofe sociale dagli effetti traumatici imponderabili.

Non vi è dubbio che di quest'allerta dovrebbe farsene carico in primo luogo la politica o, ancor meglio, quella parte di essa che è stata indicata, dal voto popolare, all'impegno, ed al dovere, di ben governare la Regione. Si tratta quindi di valutare se, di fronte ai gravi pericoli insiti in queste previsioni, gli attuali nostri governanti abbiano sufficienti doti di capacità, di conoscenze e d'esperienza per affrontare e per contrastare quest'emergenza economica. Che qui in Sardegna ha colpito soprattutto l'edilizia, il turismo ed il commercio, settori che, insieme, valgono oltre un quarto del Pil. Diverse stime indicherebbero le loro probabili perdite in circa il 60 per cento.

V ale a dire circa 6-6,5 miliardi di euro di valore aggiunto e di 90-100 mila posti di lavoro.

Appare quindi chiaro che questo pericolo non possa che destare preoccupazione e timori e, soprattutto, l'esigenza che la Politica, quella - per intendersi - con la sua iniziale maiuscola, voglia e sappia mettere in campo, con urgenza, strumenti ed interventi straordinari, d'emergenza. Purtroppo qui da noi, e non da oggi, a quella politica si è sostituita la mediocrazia, cioè la scelta della mediocrità come metodo di governo. Che è poi quello di limitarsi alla sola gestione del contingente (secondo quella prassi che gli aziendalisti chiamano del “problem solving”), escludendo qualsiasi intervento fondato su una visione di medio-lungo periodo e sulla virtuosa introduzione di riforme e di innovazioni. Tanto da dare ragione al politologo canadese Alain Deneault - il teorizzatore del fenomeno - che con il potere di governo in mano ai mediocri si è determinata la scomparsa della buona politica dello sviluppo.

Proprio a causa di questa mediocrizzazione (pardon!, per il brutto neologismo) della politica sarda, sono aumentate le preoccupazioni sulle possibilità di avviare un'efficace ripresa dopo lo shock determinato dal coronavirus. A causa del convincimento, ormai consolidato, dell'inadeguatezza - in conoscenze e in predisposizione - dell'attuale Giunta nel saper indirizzare e nel voler realizzare un efficace piano pluriennale di salvataggio e di rilancio della nostra economia. Anche perché, attratta dal piccolo cabotaggio sul contingente e dai vantaggi del clientelismo spicciolo, le è venuta a mancare la cultura di chi sa guardare ben oltre il quotidiano.

Un'idea correttiva potrebbe essere quella di costituire, in regime di extraterritorialità con gli uffici regionali, un'agenzia per la recovery economica dotata di piena autonomia operativa e che abbia come mission quella di programmare, promuovere e realizzare, in un quinquennio, quanto necessario per annullare i pesanti danni provocati dalla pandemia.

È solo un'idea, non saprei quanto condivisibile, ma che serve ad indicare l'esigenza di dover bypassare lo scoglio della mediocrazia regionale, indicando una strada possibile per raggiungere un futuro di progresso. Perché occorre abbandonare la nefasta prassi dell'ordinaria amministrazione che, fra diverse illogicità e non poco confusionismo, ha fin qui caratterizzato, e condizionato, l'attuale Giunta.

In questo quadro ritorna la necessità di quell'organico piano per la ripresa che contenga degli obiettivi precisi da raggiungere ed un efficace percorso di azioni e di interventi che ne determinino le modalità e la tempistica. Occorre cioè che al vertice ci sia una guida competente ed efficiente (come l'idea della Recovery Agency) che abbia ben chiara la visione di quanto occorra fare per interrompere la caduta e favorire la ripresa dell'economia. Che non sta solo nella soluzione del contrasto insularità contro isolamento, o fra vento contro metano in tema d'energia, ma che richiede la predisposizione di quel piano generale di sviluppo che si proponga, e si concretizzi, nel conseguimento di chiari obiettivi, in cui il lavoro, di più e per tutti, ne diventi il primo e il più qualificante. Per predisporlo occorre andar oltre la mediocrazia attuale, mobilitando quante competenze siano capaci di immaginare e di realizzare nuove e coinvolgenti occasioni di progresso.

PAOLO FADDA

STORICO E SCRITTORE
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